Essere Imprenditore di se Stessi


Dopo quanto detto settimana scorsa sorge una domanda: cosa comporta per un’impresa trasformare le relazioni sociali basate sul principio del potere contrattuale in quelle fondate sulla cooperazione?

Anzitutto che l’imprenditore inizi a considerare il capitale e il profitto non più come fine di arricchimento personale ma come mezzo per rendere felici le persone, tra le quali la prima è lui stesso. Allora si capisce che il capitale non è un potere, ma una risorsa, e non ha più potere chi più ne detiene, ma solo più responsabilità nell’impiego di un talento intellettuale da gestire con saggezza nelle relazioni sociali.

La capacità di saper donare con amore questo talento comporta la felicità di tutte le persone che partecipano alla riuscita dell’impresa. Ebbene, se la gestione dell’impresa viene fatta così, ogni collaboratore ha la chance di divenire imprenditore di se stesso in quanto stimolato a massimizzare le proprie aspirazioni e quindi a sviluppare un’impresa di felicità.

In altri termini: l’imprenditore deve saper divenire quell’intellettuale in grado di richiedere ai suoi manager non il profitto, ma la felicità di tutte le persone che lavorano nell’impresa.

Questa felicità si concretizza grazie ad un modello di gestione che prevede il tutor, la cui responsabilità è quella di insegnare all’individuo a valorizzare la cultura del dono e a non sprecarla.

Segue in Il Tutor

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