Capitolo 2.1 – Benvenuto a bordo


Capitolo 2.1 de Il Maestro di Bottega

– Il dott. Ferretti aveva accolto Matteo, al suo arrivo per il primo giorno di lavoro, con un sorriso e un caloroso saluto marinaresco: «Benvenuto a bordo!» Sembrava soddisfatto di vederlo.
Matteo aveva appena fatto in tempo a ricambiare il saluto che il dott. Ferretti riprese: «Nei prossimi giorni lei familiarizzerà con la nostra Azienda e con il nostro Sistema di Gestione. Si è già accorto che il nostro modo di operare è, diciamo così, un po’ insolito…»
«Sicuramente sì» aveva convenuto Matteo con un sorriso di convinzione. «A partire dall’annuncio sul giornale fino ai nostri due colloqui di assunzione…»
Anche il dott. Ferretti sorrise. «Ecco, il sistema di gestione è insolito perché è insolita la nostra Visione aziendale: creare un’azienda “umana”!» aveva affermato, con una certa solennità.
«Mi scusi, ma non riesco a seguirla. Cosa intende per azienda umana?» aveva chiesto Matteo sbalordito e un po’ frastornato.
«L’azienda umana è quella che si serve delle risorse del pensiero, della creatività e dell’informazione per difendere l’uomo dalla sopraffazione dell’uomo» aveva prontamente risposto il dott. Ferretti.
«E a chi allude, quando dice “l’uomo”…?» aveva chiesto ancora Matteo, sempre più sbalordito e frastornato.
«Alludo a tutte le persone che sono Parti Interessate all’azienda» aveva chiarito il dott. Ferretti. «Alludo ai nostri soci, ai nostri collaboratori, ai nostri clienti, ai nostri fornitori, alla collettività nella quale viviamo…»
Sembra di parlare con un filosofo, non con un imprenditore –pensò Matteo. Ma, quasi a smentirlo, il dott. Ferretti continuò: «Non si meravigli, questa è comunque un’azienda privata, e l’obiettivo del profitto è sempre il requisito per la sua esistenza. Però la nostra Politica è aumentare il valore dell’Azienda, favorire la crescita umana e professionale dei Collaboratori e massimizzare la soddisfazione di tutte le altre Parti Interessate.»
«Scusi la mia franchezza» azzardò Matteo «ma questa politica sembra indirizzata prevalentemente alle aspettative dell’Imprenditore e dei suoi Collaboratori, ossia a coloro che vivono dentro l’azienda. I clienti, nella sua politica, non sono neanche espressamente citati.»
«Mi sembra di capire che lei provenga da un’azienda che aveva adottato la Qualità ISO 9000!» osservò il dott. Ferretti.
«Beh, sì, la mia precedente azienda aveva iniziato da poco un Progetto Qualità e non si parlava d’altro che di soddisfazione del Cliente…» ammise Matteo.
«Rispondo alla sua critica, che mi sorprende un po’, con una domanda. Nella sua precedente azienda come avrebbe potuto migliorare la soddisfazione dei suoi Clienti se il primo ad essere insoddisfatto era proprio lei?»
Matteo ammutolì. La domanda del dott. Ferretti era più che logica, e non avrebbe saputo cosa rispondere. Abbassò gli occhi e si pentì di aver voluto fare sfoggio delle sue nozioni sulla Qualità, criticando la Politica della Dolceferretti.
Il dott. Ferretti, capendo il disagio di Matteo, proseguì per chiarire meglio il suo pensiero. «Le aspettative delle parti interessate sono, per definizione, contrastanti tra di loro. Quindi il problema è quello di trovare il punto di equilibrio che massimizzi la soddisfazione di tutte, evitando di privilegiarne alcune rispetto alle rimanenti. Noi non dichiariamo enfaticamente, mi conceda il termine, uno sviscerato amore per il Cliente e basta. Noi dichiariamo che vogliamo aumentare il valore dell’azienda, e questa è l’aspettativa dell’Imprenditore e dei soci, favorire la crescita umana e professionale dei Collaboratori, che è la loro aspettativa, e massimizzare poi le aspettative di Clienti, Fornitori, Collettività. E questo senza alcuna sopraffazione, perché crediamo in un’azienda umana.»
«Una Politica molto bilanciata, quindi…» osservò, questa volta più pacatamente, Matteo.
«Armonica, direi. Il nostro sistema di gestione ha creato e consolidato nel tempo quell’armonia interna che deriva dalla soddisfazione dell’Imprenditore e dei Collaboratori e che si estende anche a tutti i nostri clienti, ai nostri fornitori, alla collettività e all’ambiente in cui viviamo, che ne beneficiano al pari nostro.»
Matteo rimase a bocca aperta. Quella sì che era una vera dichiarazione di impegno, non il documento retorico ed enfatico della “Politica della Qualità” della Brambilla S.p.A.
«E quali sono gli obiettivi che vogliamo ottenere, a seguito dell’adozione di questa politica?» chiese con curiosità. Con quel “vogliamo” Matteo aveva tradito l’entusiasmo di sentirsi parte della sua nuova azienda.
«L’obiettivo è uno solo, ed è semplicissimo: dobbiamo impegnarci affinché tutti quelli che hanno rapporti di lavoro con noi trovino soddisfazione alle loro aspettative, e quindi siano felici di intrattenere questi rapporti!» e qui il “dobbiamo impegnarci” del dott. Ferretti aveva sottolineato che quel “dovere” era anche di Matteo
«Ma l’obiettivo che lei ha appena dichiarato non è un po’ utopistico in un’azienda dove si perseguono fatti più concreti, come il profitto?»
«Questa è la sfida che abbiamo affrontato in questa azienda qualche anno fa!» esclamò con trasporto quasi mistico il dott. Ferretti «quella di dimostrare che, sorretti da una visione, da una politica e da obiettivi di alto profilo, e con l’applicazione di un buon sistema di gestione, si possono migliorare anche i profitti, e quindi gli obiettivi concreti, tangibili e scontati dell’azienda!» e qui il dott. Ferretti si era bruscamente interrotto per chiedere in interfono alla segretaria di avvisare il sig. Visentini che era arrivato il dott. Raimondi.
Aveva quindi ripreso, cambiando argomento: «Il signor Visentini è il nostro Capo Area Nord Ovest. Vista la sua ambizione dichiarata di diventare un buon venditore, penso che sia la persona più adatta per aiutarla. Gli ho già parlato di Lei e adesso desidero presentarglielo.»
Matteo era un po’ deluso che il dott. Ferretti avesse bruscamente troncato la discussione precedente perché era curioso di sapere se avesse vinto la sua sfida. Ma proprio in quell’istante, preceduto da un leggero tocco, il sig. Visentini entrò nella stanza.
La prima cosa che Matteo notò fu il suo viso simpatico e sorridente che riempiva la testa completamente pelata, poi la stretta di mano vigorosa. Anche lui non doveva avere più di cinquant’anni, anzi forse molto meno – aveva pensato con sollievo – e non era certamente un pensionando, come nella sua precedente assunzione alla Brambilla S.p.A. Il dott. Ferretti, rivolto al sig. Visentini, gli presentò Matteo. «Il dott. Raimondi da oggi lavora con noi, come lei sa vuole fare esperienza nel settore vendite e quindi lo affido a Lei, nella sua veste di Capo, Maestro e Alfiere.» Poi, rivolto sorridendo a Matteo, chiarì subito: «Capirà prestissimo il significato di queste tre parole…»
Ritenendo di aver detto tutto quello che c’era da dire, il dott. Ferretti li congedò con un «…ancora benvenuto a bordo a Lei, dottor Raimondi e buon lavoro ad entrambi.»
Adesso Matteo si sentiva proprio a bordo della Dolceferretti S.p.A.

Il sig. Visentini accompagnò Matteo nel proprio ufficio e, come prima cosa, gli propose di darsi del tu. «Io mi chiamo Domenico, ma tutti mi chiamano Mimmo.» Matteo si sentì subito più a suo agio. «Allora, dimmi come ti senti.»
«Un po’ confuso … considerando che sono appena arrivato ed ho già incontrato tre volte il Direttore Generale!»
«D’ora in avanti lo incontrerai molto più raramente» ribatté Mimmo «ma il dott. Ferretti saprà sempre quello che stai facendo. Lo terrò informato io stesso, visto che sono il tuo Capo.»
La parola Capo, che Mimmo aveva appena pronunciato, aveva ricordato a Matteo il dubbio di poco prima. «Ah, ecco la prima domanda!» lo interruppe di slancio. «Cosa significano, esattamente, le parole “Capo”, “Maestro” e “Alfiere”?»
«Lo vedremo tra poco. Sono parole che fanno parte del nostro gergo aziendale, con un preciso significato che a tutti noi è ben chiaro ed univoco…»
«Una specie di linguaggio tra iniziati, simile a quelli che usano i ragazzi tra di loro!» commentò Matteo, ad alta voce.
«Più o meno» convenne Mimmo. «Le parole chiave del nostro gergo riassumono concetti anche complessi del nostro sistema di gestione, e sono usate da tutti senza generare ambiguità perché hanno un significato ben preciso.»
«Non vedo bene la necessità di un gergo aziendale … Voglio dire che nella mia precedente azienda non c’era niente di simile» aggiunse candidamente Matteo.
«Beh , vedrai che tra qualche giorno anche tu le userai con assoluta naturalezza…»
Matteo non sembrava del tutto convinto. Mimmo, quasi gli avesse letto nel pensiero, propose: «Cominciamo a parlare del nostro sistema di gestione, e vediamo se queste parole chiave possono aiutarti a fissare in modo semplice i concetti che ci sono dietro. Sono sicuro che la perplessità che ti leggo in viso sparirà.»
«Sono pronto a seguirti…» dichiarò Matteo, fiducioso.
«Da dove vuoi partire?»
«Beh, direi dall’organigramma…» propose Matteo dopo qualche attimo di riflessione.
«Mi sembra un buon punto di partenza» convenne Mimmo. «Allora, quello che tu hai chiamato organigramma, qui lo chiamiamo Grappolo di Botteghe, le prime parole chiave di cui dobbiamo chiarire il significato!»

Capitolo 2.1 de Il Maestro di Bottega

  1. Nessun commento ancora.
(non verrà pubblicata)