Capitolo 2.5 – L’Alfiere


Capitolo 5.1 de Il Maestro di Bottega

– «L’ultimo ruolo che ci rimane da esaminare, quello dell’Alfiere» aveva ripreso Mimmo dopo pranzo «è tipico del nostro sistema di gestione, non esiste nei sistemi, diciamo così, tradizionali.»
«Quindi questa è un’altra delle parole chiave del gergo» aveva osservato Matteo. E aveva continuato: «Mi sembra però che l’alfiere appartenga più al gergo della caserma piuttosto che a quello dell’azienda!»
«Hai ragione» aveva convenuto Mimmo «secondo il gergo della caserma l’alfiere è il portabandiera, colui che precede il battaglione e indica la via da seguire reggendo la bandiera, e che ha l’incarico di difenderla a tutti i costi, impedendo che cada nella polvere o, peggio, sia calpestata.»
«E qui in azienda…» aveva chiesto perplesso Matteo «…cosa fa l’Alfiere?»
«Qualcosa di molto simile. Il nostro Alfiere è il garante dell’applicazione del nostro modello, da parte di tutti noi in azienda!»
Matteo stava cercando di capire perché questa garanzia di applicazione del modello richiedesse addirittura la definizione di una nuova figura aziendale.
«Provo a spiegarti il ruolo dell’Alfiere» aveva ripreso Mimmo pensando che fosse necessario un esempio. «Immaginiamo allora che la nostra azienda sia come una strada. La strada è percorsa da tanti utenti, tutti diversi tra loro. Ci sono pedoni, automobilisti, camionisti, e così via. Tutti questi utenti, pur con modalità diverse, sicuramente vogliono portare a termine il loro viaggio nel minor tempo, possibilmente senza stress, senza code e, soprattutto, senza incidenti.»
Matteo manifestò il suo accordo, ma anche la constatazione che spesso, per non dire sempre, questo desiderio rimaneva tale.
«Certo, contrattempi se ne incontrano tanti» riprese Mimmo «come quando dobbiamo aspettare il solito prepotente che si è fermato per prendere il caffè ed ha parcheggiato la sua auto in doppia fila, impedendoci di uscire dal parcheggio, o come quando dobbiamo bloccare l’auto all’incrocio perché un incosciente non rispetta lo stop, tagliandoci la strada…»
«Vuoi dire» lo interruppe Matteo «che sebbene tutti gli utenti della strada siano d’accordo, in linea di principio, con una politica di civismo nella guida e di rispetto delle regole del Codice, in pratica il comportamento di alcuni di loro è tale da causare quello che nessuno vorrebbe, come le code, le paure, per non parlare degli incidenti?»
«Proprio così» continuò Mimmo. «Prova a pensare quante volte ti è capitato di essere sulle strisce, indeciso se passare o no, ed incontrare un autista che si fermi, facendoti un cenno di passare?»
«Mi è successo ben poche volte…» ammise Matteo.
«Certo, perché l’automobilista, che è più “forte” del pedone, difficilmente rinuncia in modo spontaneo ad esercitare il suo “potere”, anche se il pedone ha la precedenza.»
«Quindi l’Alfiere» osservò Matteo «è il vigile urbano della nostra azienda…»
«Diciamo così, che l’Alfiere ha il compito di vigilare affinché il nostro sistema di gestione sia applicato con lealtà e coerenza da tutti, sia all’interno che all’esterno dell’azienda!»
«Non dovrebbe essere un compito difficile» esclamò Matteo, ricordando la “visione” del dott. Ferretti. «Dopotutto penso che tutti preferiscano vivere in un ambiente in cui sia bandita la sopraffazione del prepotente sul debole, piuttosto che in una giungla, dove vige la legge del più forte.»
«Non siamo troppo idealisti!» esortò Mimmo. «In azienda, come sulla strada, esistono i prepotenti, i furbi, i menefreghisti. Anche da noi nessuno ammetterebbe mai di aver danneggiato i propri colleghi, ma l’Alfiere vigila continuamente sul rispetto delle regole, perché la sopraffazione non si diffonda.»
Forse Mimmo aveva ragione, pensò Matteo e chiese con curiosità: «Cosa può fare, in concreto, l’Alfiere, nell’esercizio dei suoi compiti?»
«L’Alfiere deve saper prevenire e correggere con ogni mezzo i “cattivi” comportamenti dei suoi Ragazzi di Bottega per non dover ricorrere, in caso di palese “disonestà intellettuale”, a conseguenze estreme…» rispose Mimmo, categoricamente.
«Il ritiro della patente?» aveva tirato ad indovinare Matteo.
«Anche il ritiro della patente, cioè il licenziamento, se l’azienda vi è costretta!» precisò Mimmo.
«E’ un’affermazione molto categorica…» concluse Matteo ad alta voce, quasi preoccupato. Ma poi, ripensandoci, aggiunse: «Certo che i comportamenti scorretti sono dei virus che si diffondono con estrema rapidità. Come quando, continuando l’esempio della strada, siamo in coda in autostrada. Tutti rimangono in coda finché il primo furbo sorpassa a destra, sulla corsia di emergenza. A quel punto tutti i furbi gli vanno dietro, per non essere da meno.»
Mimmo sorrise all’esempio di Matteo. «L’esempio è azzeccato, attenzione però che l’Alfiere non deve essere intransigente o limitarsi ad applicare il modello con il massimo rigore. Deve essere anche pronto a riconoscere e capire un errore commesso in buona fede, e non deve certo punire chi lo ha commesso. Anzi, deve usare ogni occasione per rafforzare la conoscenza del modello in cui crediamo, per fare formazione, insomma!»
«Penso di aver capito il ruolo dell’Alfiere. Ma chi è, fisicamente, l’Alfiere di questa azienda?»
«Ognuno di noi è Alfiere, così come ognuno di noi è Capo. L’Alfiere non è un “garante” lontano e difficilmente accessibile, ma siamo tutti noi!.»
Matteo era rimasto colpito da quell’affermazione e dopo un attimo di riflessione continuò: «Mi pare di poter concludere che il ruolo dell’Alfiere perderebbe di importanza se tutti si comportassero in aderenza al modello…»
«E’ verissimo!» concordò Mimmo. «Se tutti gli utenti della strada, pedoni, automobilisti, camionisti eccetera, si comportassero con civismo, il vigile non avrebbe niente da fare…»
«Quindi il ruolo fondamentale dell’Alfiere è portare tutti i Collaboratori a conoscere il sistema di gestione ed applicarlo con coerenza in ogni loro azione, indipendentemente dal fatto che si sentano più o meno “sotto controllo”!» esclamò Matteo. Poi, dopo qualche attimo di riflessione riprese: «Stavo pensando ad un termine che descrivesse, all’interno dell’azienda, quello che abbiamo chiamato civismo di guida nell’esempio di prima…»
«Mi sembra impossibile che il dott. Ferretti non ti abbia parlato dell’onestà intellettuale!» replicò Mimmo, sorpreso dalla considerazione di Matteo.
«Certo!» esclamò Matteo battendosi una mano sulla fronte. «Come ho fatto a non associare i due concetti? L’onestà intellettuale è l’aderenza sentita e spontanea ai principi comportamentali etici dell’azienda. E i prepotenti, i furbi, i menefreghisti di cui parlavi prima non sono certo onesti intellettualmente!» E, quasi per farsi scusare la sua distrazione aggiunse: «Adesso capisco perché il dott. Ferretti era così interessato alla mia onestà intellettuale durante i nostri colloqui.»
«La verifica dell’onestà intellettuale di un nuovo Collaboratore è la prima forma di prevenzione, che serve proprio a minimizzare il lavoro dell’Alfiere, e a salvaguardare l’armonia aziendale» concluse Mimmo, certo che Matteo adesso avesse capito.

«Vorrei richiamare la tua attenzione su un altro aspetto importante, prima di concludere» aveva continuato Mimmo «e cioè che il primo che deve essere intellettualmente onesto è proprio l’Imprenditore, perché è lui l’Alfiere che marcia davanti a tutti.»
«Certo» convenne Matteo «il comportamento intellettualmente disonesto dell’Imprenditore sarebbe dannosissimo, proprio perché ha la massima visibilità all’interno dell’azienda, ed il suo cattivo esempio incoraggerebbe tutti a fare altrettanto…» e aggiunse, quasi titubante: «Posso farti una domanda personale?»
«Certo» acconsentì Mimmo «se ti può aiutare a capire meglio il ruolo dell’Alfiere.»
«Beh, ecco, se il dott. Ferretti ti desse una disposizione diretta da applicare nella tua Bottega, tu come ti comporteresti?»
«Penso che una cosa simile sarebbe quasi impossibile» affermò Mimmo. Poi si corresse pensando di essere stato troppo categorico. «Può sbagliare anche lui, ma se dovesse accadere gli chiederei di parlarne a tre, insieme al mio Capo, al quale mi rivolgerei nel suo ruolo di mio Alfiere. E sono sicuro che la disposizione del dott. Ferretti verrebbe riproposta con le modalità corrette.»
Matteo aveva pensato a quando il Commendator Brambilla in persona gli aveva affidato l’incarico del Piano di Marketing. Adesso gli era chiaro che aveva sbagliato a non parlarne subito col suo Capo.
Decisamente la sua nuova azienda era affascinante – aveva concluso Matteo – e lo disse a Mimmo.
«Non entusiasmarti, non sei capitato nel Paradiso Terrestre. Vedrai che verranno anche i momenti duri…» concluse Mimmo, quasi profeticamente. «Ma adesso vieni che ti accompagno nel tuo ufficio.»

Capitolo 2.5 de Il Maestro di Bottega

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