Capitolo 2.9 de Il Maestro di Bottega
– «Mettiamoci prima d’accordo sul significato della parola» propose Mimmo. «Che cos’è, secondo te, la Strategia?»
Matteo, fresco di studi, rispose con prontezza. «All’università mi hanno insegnato che la strategia è sostanzialmente la definizione, pianificazione e direzione di operazioni di vasto respiro con Obiettivi ben definiti.»
«Complimenti, un’ottima memoria. Questa è una buona definizione scolastica che fa riferimento ad operazioni di ampio respiro con obiettivi definiti dall’imprenditore o dal management» osservò Mimmo.
«Beh, direi di sì…» concordò Matteo, un po’ spiazzato dall’osservazione di Mimmo «…penso che il dott. Ferretti non chiederebbe mai a me di definire la strategia e gli obiettivi di questa azienda.» La considerazione gli sembrava ovvia.
Ma Mimmo continuò: «Per adesso prendiamo per buona sia questa definizione di strategia, sia che la elabori l’imprenditore. Ci torneremo sopra tra poco. Esaminiamo prima le “caratteristiche” essenziali che strategia e obiettivi devono possedere, magari ricorrendo ad esempi pratici, tratti dall’esperienza. La prima caratteristica della strategia e dei relativi obiettivi è che devono essere Definiti» sentenziò Mimmo.
«Cosa intendi dire?…» chiese Matteo perplesso. «Un’azienda non può non avere strategia ed obiettivi, altrimenti nessuno saprebbe cosa fare.»
«Certo, però il fatto che esistano sia la strategia che gli obiettivi non significa automaticamente che siano definiti» continuò Mimmo. «Sto parlando di quelle aziende in cui l’imprenditore, pur avendo in testa strategia ed obiettivi, non li definisce per gli altri in modo formale, chiaro ed univoco.»
«Posso darti un esempio, a conferma di quello che hai appena detto» lo interruppe Matteo impaziente. «Nella mia precedente azienda avevo solo una vaga conoscenza della strategia e degli obiettivi aziendali, e questa conoscenza era basata sulle mie intuizioni, sulle disposizioni che ricevevo dal mio Capo, sulle voci di corridoio, sulle mezze frasi sussurrate tra colleghi, piuttosto che su dichiarazioni certe dell’Imprenditore.»
«Vedi che gli esempi vissuti sono i più istruttivi? In questo tipo di aziende l’Imprenditore applica il principio della “mano libera”. Vuole il massimo della libertà, vuole riservarsi sempre la decisione di cambiare tutto senza preavviso, vuole poter intervenire in modo diretto nel dirigere le azioni dei suoi Collaboratori. In conclusione non vuole rinunciare al suo potere decisionale sulla strategia da adottare di volta in volta.»
«Però questo Imprenditore corre un grave rischio» osservò Matteo «perché i suoi Collaboratori, che hanno solo vaghe indicazioni sulla direzione di marcia, ad ogni bivio possono facilmente prendere la direzione sbagliata. E poi quando si accorgono dell’errore devono ritornare indietro fino al bivio precedente e prendere l’altra strada. Insomma si ha uno spreco inutile di risorse ed uno stato di perenne incertezza.»
«E tu, come ti comportavi, in questa situazione?» gli chiese Mimmo.
Matteo sorrise amaramente. «Beh, in mancanza di indicazioni precise dall’alto avevo cercato almeno di darmi da fare…»
«E’ la reazione tipica di ogni Collaboratore, ma ha un limite, perché quello che il Collaboratore cerca comunque di fare potrebbe non essere quello che ha in mente il Capo…»
«E’ possibilissimo» concordò Matteo «il rischio che si percepisce è quello di far parte di un’armata Brancaleone, non di un’azienda…»
Mimmo sorrise al paragone dell’azienda con l’armata Brancaleone. «Allora, in base a quello che mi hai appena detto, siamo sicuramente d’accordo sulla necessità che le strategie e gli obiettivi siano, oltre che definiti, anche Armonizzati. Però non è sufficiente…»
Matteo pensò – cosa serve ancora?
E Mimmo continuò con i suoi esempi: «Esistono poi aziende in cui l’Imprenditore elabora la strategia e gli obiettivi e li comunica ai suoi Collaboratori.»
«Beh, almeno qui, quando si arriva ad un bivio, dovrebbe essere più facile scegliere la strada giusta» aveva commentato Matteo.
«Certo, in questo caso l’imprenditore diminuisce i rischi, ma non li elimina del tutto. Il rischio residuo è che il Collaboratore, visto che il Capo non gli aveva mai chiesto se era d’accordo, possa sempre accampare tutta una serie di riserve mentali sia sulla bontà della strategia che sulla raggiungibilità degli obiettivi, senza sentirsi responsabile in prima persona.»
«La demotivazione…» osservò Matteo.
«Esattamente. Se non arriveremo dove il Capo voleva, non ci sentiremo personalmente responsabili; dopotutto strategia ed obiettivi erano i suoi, non i nostri…» concluse cinicamente Mimmo.
«Anche su questo esempio ho esperienze dirette» rispose Matteo sorridendo. «Lavoro da poco tempo, ma ho già assistito a numerose recite del teatrino aziendale. Nella mia precedente azienda le rappresentazioni erano mensili, sempre con lo stesso copione: il Capo si lamentava che sebbene lui ce la mettesse tutta, le cose non andavano come avrebbero dovuto. Diceva che era deluso, che non capiva come non si potessero ottenere risultati migliori, visto che, secondo lui, avevamo tutti i mezzi necessari a disposizione, che bisognava fare di più, eccetera, eccetera, eccetera…»
«Se ti può sollevare» aggiunse Mimmo «ho partecipato anch’io a questo genere di rappresentazioni, nelle mie precedenti esperienze di lavoro.»
«Queste riunioni-teatrino» continuò Matteo «mi creavano sempre un profondo disagio; mi sentivo perennemente colpevolizzato del mancato raggiungimento di obiettivi confusi nell’ambito di una strategia altrettanto confusa, totalmente al di fuori delle mie possibilità di controllo.»
Mimmo concluse allora con una certa solennità: «Dopo quello che ci siamo appena detti, penso sia inutile chiederti se concordi con la necessità che strategie ed obiettivi aziendali siano prima definiti, poi armonizzati ed infine Condivisi…»
Matteo assentì vigorosamente. «Però a questo punto sono curioso di capire come avviene la definizione della strategia in questa azienda!»
«La definizione della strategia è forse il compito più importante di ognuno di noi!» riprese Mimmo.
«Cosa intendi dire, con “ognuno di noi”?» osservò Matteo, sobbalzando all’idea che di strategie ce ne potessero essere tante.
«Riprendiamo per un attimo il discorso di poco fa, quando abbiamo iniziato a parlare delle strategia. Ti avevo dato per buono il concetto che la strategia fosse elaborata dall’imprenditore. Ma abbiamo già visto ieri che, all’interno di questa azienda, sono tutti imprenditori, e non solo il dott. Ferretti. Vorrei che questo fosse ben chiaro! »
«E’ chiarissimo, adesso» si era affrettato a convenire Matteo. «Quindi se ho capito bene, come credo, intendi dire che anch’io avrò una mia strategia!?»
«Certo, sarà la tua strategia di imprenditore di te stesso, elaborata da te come Capo della tua Bottega, piccola ma pur sempre una Bottega!» ribadì Mimmo con convinzione.
«Però se tu mi chiedessi, adesso, di definire la mia strategia non saprei da dove cominciare!» ammise sinceramente Matteo, spaventato dall’idea di doversi improvvisare stratega.
«Non preoccuparti, ti darò una mano. E’ uno dei miei compiti, dopotutto sono il tuo Maestro, o no!?…»
Matteo si tranquillizzò. E Mimmo riprese: «Il processo strategico consiste nell’esecuzione, in sequenza, di due attività ben distinte: l’Analisi e la Sintesi seguite dalla decisione finale!»
«Pensavo che l’elaborazione della strategia fosse solo il risultato di un atto creativo, di sintesi» lo interruppe Matteo.
«Non solo» osservò Mimmo. «Dare poca importanza alla raccolta metodica e sistematica dei dati a disposizione, ed alla loro analisi, è un errore abbastanza ricorrente. Nel momento dell’analisi il Capo Bottega ed i suoi Collaboratori devono agire come giornalisti, raccogliere i dati, evidenziare le incongruenze, le cose dubbie, quelle che non vanno, quelle irrisolte, anche a livello personale, e anche contro il proprio interesse.»
Matteo stava per obiettare che era utopistico pensare che si potesse agire anche contro il proprio interesse personale. Ma si era trattenuto dall’osservarlo, dopotutto questo era un comportamento intellettualmente onesto e quindi forse meno utopistico di quanto potesse sembrare a prima vista.
Mimmo quindi continuò: «Solo dopo una buona analisi si può passare alla sintesi, ossia alla generazione creativa e fantasiosa di possibili soluzioni da parte di tutti i Collaboratori, supportata dall’esperienza e professionalità del Capo Bottega.»
«Quindi sia l’analisi che la sintesi» commentò Matteo «sono eseguite dal Capo Bottega e dai suoi sette Collaboratori. Vi contribuiscono otto persone con otto esperienze e professionalità diverse!»
Mimmo era contento che Matteo avesse colto quell’aspetto fondamentale, e concluse: «La definizione della strategia è l’atto finale, la decisione razionale tra più alternative, effettuata dal Capo Bottega.» Ed enfatizzò ulteriormente: «Il fatto che tutti i Collaboratori partecipino, e quindi diano il loro contributo al processo strategico, oltre che arricchire la strategia, ne genera anche spontaneamente la condivisione. Se la strategia fosse stata elaborata dal Capo Bottega, da solo, probabilmente non sarebbe stata altrettanto buona, ma soprattutto non sarebbe stata automaticamente condivisa da tutti i Collaboratori!»
«Ma alla fine in che cosa consiste una strategia?» chiese Matteo. «Intendo dire, come è “fatta” fisicamente. E’ un documento, immagino!»
«Certo, è un documento che precisa in dettaglio cosa vogliamo fare, chi deve fare cosa, dove vogliamo arrivare, i costi e i benefici attesi e soprattutto la “Durata della Strategia”. Questa durata è una caratteristica fondamentale, perché fissa il periodo di tempo durante il quale tutti devono operare con coerenza rispetto a quanto deciso. Al termine di questo periodo, poi, inizia una “Crisi”!»
«Altre due parole chiave del gergo!» osservò Matteo. «Ma cosa intendi per crisi? Mi sembra un concetto negativo…»
«Al contrario» ribatté Mimmo con convinzione. «La crisi è il processo di ridefinizione della strategia e quindi, se ci pensi bene, la capacità di gestire bene tante piccole crisi in tempi ravvicinati è proprio lo strumento che ci consente di avere sempre la miglior strategia possibile.»
«Come il viaggio dalla Terra alla Luna di prima.» Il viso di Matteo si era improvvisamente illuminato. «Verne ha dovuto costruire il successo della missione sulla bontà della cannonata iniziale, mentre invece la NASA ha costruito il successo della missione mediante piccole ma frequenti correzioni di rotta.»
«Mi sembra che tu abbia capito il concetto!» osservò Mimmo. E aggiunse: «Altri dubbi?»
Matteo ci pensò un attimo, poi chiese: «Che durata hanno le strategie delle Botteghe? Immagino che le strategie delle Botteghe come la nostra siano di breve periodo, mentre quelle della Direzione Generale siano di respiro più ampio ed abbraccino quindi periodi più lunghi.»
«In linea teorica tanto più breve è la durata della strategia, tanto più frequenti sono le crisi e tanto più siamo tranquilli di aver la miglior strategia possibile. Ma c’è un limite: la crisi deve essere gestibile!»
«Cosa intendi dire?»
«Per gestire la crisi, che è il processo di ridefinizione della strategia, come abbiamo appena visto, occorrono: dati, creatività e tempi di reazione. I dati servono per l’analisi, la creatività serve per la sintesi ed i tempi servono per riadattare tutti i processi alla nuova strategia. Per rispondere alla tua domanda, quindi, la durata della strategia non dipende tanto dal livello della Bottega, come dicevi, quanto dalla complessità della strategia stessa, dal numero di persone o Botteghe coinvolte, dai tempi di reazione per modificarla, dallo stato economico finanziario dell’azienda, e così via…».
Matteo sembrava ancora dubbioso e così Mimmo gli propose un esempio: «Prendiamo il tuo caso. La tua strategia coprirà un periodo di tempo abbastanza lungo, diciamo un anno. Dopotutto tu vuoi acquisire una nuova professionalità, e tra un mese non avremo sicuramente a disposizione dei dati significativi per valutare se hai acquisito quella professionalità, ossia se sei diventato un bravo venditore.»
Matteo aveva fatto un cenno col capo. Fin lì era tutto chiaro. Mimmo allora proseguì: «Di contro una strategia di direzione quale ad esempio la ricerca del miglior finanziamento per una nuova attività avrà sicuramente una durata molto inferiore…»
«Ripensando a quanto mi hai appena detto» osservò Matteo «direi che la correttezza della durata della strategia è più importante della correttezza della strategia stessa».
«Infatti. Il Capo Bottega ed i suoi Ragazzi possono anche “sbagliare” una strategia. Ma se hanno determinato correttamente la sua durata, e quindi il giusto momento di apertura della crisi, possono minimizzare i danni derivanti da una errata decisione iniziale e recuperare nel tempo la probabilità di successo.»
«Penso di aver capito abbastanza bene il processo strategico» concordò Matteo, convinto. «Ma finora non abbiamo ancora parlato concretamente di obiettivi.»
«Adesso è ora di pranzo!» rispose Mimmo. «Dopo la pausa parleremo concretamente di obiettivi!» La mattina era volata.
Capitolo 2.9 de Il Maestro di Bottega
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