Prendere o lasciare


Capitolo 4.7 de Il Maestro di Bottega

– Matteo stava completando il suo periodo di Venditore nel pavese. Si sentiva svuotato, e aspettava fatalisticamente un evento qualsiasi che lo togliesse da quello stato di apatia. La stagione non aiutava certo; si avvicinava l’inverno e calavano le prime nebbie. Tutto era grigio, dentro e fuori di lui.

Un paio di settimane dopo Mimmo lo chiamò. Ci siamo – pensò Matteo mentre andava all’incontro – finalmente cambia qualcosa.

Mimmo iniziò il loro incontro con un complimento. «Ho sottocchio il cruscotto delle vendite. Non ti sei certo lasciato andare! Stai continuando a fare un buon lavoro.»

Dopo questo incoraggiamento, continuò. «Certamente immagini il motivo di questo incontro…» e proseguì senza attendere la risposta «Ho parlato della tua situazione con il direttore Vendite e lui ha capito e concordato con la nostra analisi. Poi, a sua volta, ha parlato delle nostre proposte nella sua Bottega, ormai la logica la conosci bene, e hanno deciso di farti passare in Amministrazione dove c’è un certo “movimento”…»

Matteo rimase un po’ deluso. Sperava più nel Marketing che nell’Amministrazione e lo confessò a Mimmo.

«Il settore marketing è stato recentemente consolidato con l’aggiunta di un nuovo Collaboratore» spiegò Mimmo «e il direttore Marketing ha chiesto di essere lasciato tranquillo per un po’ di tempo, per consolidare la struttura.»

Beh – si consolò mentalmente Matteo – almeno erano state considerate entrambe le alternative e la sua nuova destinazione non era stata giocata a testa o croce. Si lasciò scappare un: «Immagino di non avere altra scelta…»

Mimmo lo corresse subito, con fermezza. «No, quella è la logica del potere contrattuale. La tua alternativa adesso è la scelta tra la ricerca delle capacità che soddisfano le tue ambizioni in questa nuova Bottega, oppure quella di continuare a fare un lavoro che sai fare, ma che non ti soddisfa dal punto di vista umano. Non credo che tu stia pensando di rimangiarti quello che mi hai detto un mese fa, che non vuoi più fare il Venditore.»

«Hai ragione, scusami» disse a bassa voce Matteo.

Mimmo si era addolcito subito, quasi preso dalla compassione per lo sconforto che leggeva negli occhi di Matteo. «Vuoi che ne parliamo un po’?» propose.

«Ti ringrazio, ne sento proprio il bisogno» disse Matteo.

«Io ti capisco, e capisco il tuo stato d’animo in questo momento. Ma proviamo a guardare gli aspetti positivi della proposta che ti è stata appena fatta: è pur sempre una proposta, non una condanna. Immaginiamo, per assurdo, che questa sia un’azienda “normale”. Sei stato assunto un anno fa perché avevamo bisogno di un apprendista venditore e tu volevi fare il venditore. Dopo un anno siamo nella condizione di dire che tu sei diventato un bravo venditore. Il problema se ti piaccia o meno non ce lo poniamo nemmeno; alla nostra azienda serve un venditore e basta. Tu però ti sei accorto che questo mestiere non ti piace, anche se i risultati che hai ottenuto sono tutt’altro che deludenti. E poiché bisogna pur lavorare per vivere, che fai ? Fai lo “yes man” e comincia il tuo logoramento giornaliero. Il tuo posto di lavoro diventa la tua prigione dalla quale, a partire dal quel momento, cercherai di evadere con ogni mezzo.»

Matteo lo stava ascoltando con riconoscenza.

«Ma noi non siamo un’azienda “normale”. Sei con noi con un contratto di due anni e l’unica cosa che ti abbiamo chiesto, all’inizio, è stata “che vuoi fare?”. Però dopo il primo anno ti sei accorto che la strada che avevi scelto non è la tua. Allora ti proponiamo di cambiare e cercare la tua strada da un’altra parte. Certo, sarebbe bello poter centrare il bersaglio al primo colpo, ma tutti sappiamo bene che questo accade molto di rado e comunque sempre meno spesso di quanto vorremmo. L’azienda vuole che tu sia felice e soddisfatto, perché questo è il suo credo, non vuole tenerti prigioniero. Forse la seconda offerta non è allettante come la prima e tu sei preoccupato dal fatto che la seconda prova è senza appello, perché alla fine scadrà il tuo contratto. Però dovresti anche essere tranquillizzato dal fatto che la seconda scelta è stata maturata con maggiore conoscenza e consapevolezza delle tue capacità. Che pensi?» gli chiese Mimmo, concludendo il suo lungo discorso.

«Penso che se potessi scegliermi un fratello maggiore, sceglierei te» rispose con un sorriso per la prima volta dopo molto tempo.

«Sono troppo vecchio per farti da fratello maggiore, ragazzo, potrei essere tuo padre…» rispose burberamente commosso Mimmo. «Piuttosto, hai fatto pace con Erika?»

Matteo aveva scosso il capo e sospirò.

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