L’Aumento


Capitolo 6.3 de Il Maestro di Bottega –

Matteo era felice, il successo che aveva ottenuto lo stava ripagando dei momenti duri di qualche mese prima. Sentiva una profonda riconoscenza per la Bottega Rinascimentale che gli aveva dato l’opportunità e l’aiuto per esprimere le sue capacità. Pensava a questo mentre attendeva l’arrivo del dott. Ferretti nel ristorante dove era stato invitato per una cena che si preannunciava importante. Non una semplice colazione di lavoro che avrebbero potuto fare alla mensa aziendale.

Il dott. Ferretti arrivò puntuale, salutò Matteo e si accomodarono al tavolo che era stato prenotato.

«Si sarà chiesto il motivo di questo incontro, fuori dalle mura aziendali…» esordì il dott. Ferretti.

Matteo sorrise, grato che il dott. Ferretti volesse chiarirgli subito il suo dubbio.

«E’ una mia vecchia consuetudine, quella di passare una serata insieme a chi sta assumendo un ruolo importante nella Dolceferretti. L’atmosfera del ristorante è sicuramente più piacevole e rilassante di quella aziendale…»

E’ una bella consuetudine – pensò Matteo sorridendo.

Il dott. Ferretti continuò: «A fine anno, tra pochi giorni quindi, come lei sa bene, scade il suo contratto a tempo determinato e termina il periodo di due anni che l’azienda le aveva offerto per capire le sue ambizioni e verificare le sue capacità sul campo.»

Se il dott. Ferretti gli avesse fatto quel discorso un anno prima, Matteo si sarebbe sicuramente preoccupato. Ma adesso si sentiva tranquillo, pensava proprio di aver capito quali erano le sue ambizioni e di aver dato una prova delle sue capacità.

«Le volevo quindi proporre di trasformare il suo contratto in uno a tempo indeterminato e di affidarle, a partire dal prossimo gennaio, il ruolo di Controller dell’azienda. Sarà inquadrato al settimo livello, con il relativo trattamento economico, più un superminimo per riconoscerle il successo che ha appena ottenuto. Cosa ne pensa?»

Matteo era raggiante. «La ringrazio. Sono entusiasta di questa proposta…» si schermì «anche se non avevo fatto nessuna richiesta di tipo economico.»

«Lo so bene» aggiunse il dott. Ferretti. «L’azienda rivede, ogni anno, tutti i trattamenti economici, non solo quelli dei Collaboratori che hanno avanzato richieste.»

«Come nel mio caso?»

«Come nel suo caso, appunto. Ovviamente vale anche l’opposto, e cioè che durante l’anno l’azienda non è disponibile a prendere in esame alcuna richiesta di aumento dei Collaboratori.»

«Anche questo mi sembra giusto…» commentò Matteo.

«Ho pensato che i risultati che ha ottenuto in questo anno, oltre ad un rapporto stabile, meritassero anche un ulteriore riconoscimento economico» concluse il dott. Ferretti proponendo un brindisi.

Matteo era confuso e invece del prosit balbettò un altro «Grazie» pur rendendosi conto che il dott. Ferretti non voleva fare del paternalismo, ma solo riconoscere i suoi meriti.

«Dopo questo chiarimento indispensabile, e penso gradito, sono a sua disposizione per tutte le domande che lei mi vorrà fare…»

Matteo, dopo un attimo di recupero, rispose alla sollecitazione con la domanda più importante che aveva in mente: «Mi può raccontare un po’ di storia dell’azienda e della sua proprietà, di cui so molto poco?»

Il dott. Ferretti fu estremamente disponibile. «Questa è un’ottima domanda. Vista la posizione che si appresta a ricoprire, deve sicuramente avere qualche conoscenza in più. Sa già sicuramente che sono il Presidente del Consiglio di Amministrazione e socio di maggioranza dell’azienda, che appartiene non solo a me ma anche ad un importante gruppo multinazionale»

Matteo era attentissimo. E il dott. Ferretti continuò: «Il mio operato, quindi, è valutato non solo dal nostro Consiglio, ma anche dal Consiglio di Amministrazione del Gruppo, principalmente interessato agli utili da distribuire ai Soci, che a malapena mi conoscono. Tutto questo è complicato dal fatto che la nostra è l’unica azienda del gruppo che adotta il sistema di gestione che lei ormai conosce bene, e che non è certo di tipo tradizionale.»

Matteo, senza interrompere, convenne con un ampio cenno del capo.

«Io godo di una certa impopolarità all’interno del gruppo perché investo continuamente in risorse umane e tecnologiche … e …»

«E questo non genera utili immediati…» osservò Matteo «che si possono invece aumentare sfruttando al massimo le risorse già presenti in azienda.»

Il dott. Ferretti sorrise. «Usiamo pure la parola “sfruttare”. Per questo ho accolto con estremo favore la sua proposta di reimpostare il controllo di gestione ponendo maggiore enfasi sull’efficacia nel medio termine e non solo l’efficienza nel breve.»

Adesso era Matteo a sorridere e, pensando che il suo lavoro degli ultimi mesi rispondeva a un’aspettativa importante del dott. Ferretti, aggiunse: «Spero che i risultati siano stati all’altezza…»

«Sicuramente. E’ un significativo miglioramento rispetto alla situazione precedente, anche se ritengo che, come tutte le cose, anche questo controllo di gestione possa ancora essere migliorato.»

Matteo ne era convinto. «Sarà uno dei miei compiti d’ora in avanti!» promise.

Poi, cambiando argomento, gli chiese: «Come ha maturato la visione dell’azienda “umana” e la politica che si possa aumentare il valore dell’azienda, favorire la crescita umana e professionale dei Collaboratori e massimizzare la soddisfazione delle altre parti interessate?»

«L’evento che ha reso possibile questa visione e questa politica è stata la mia sorpresa, ormai parecchi anni fa, nell’osservare come stava cambiando rapidamente il mondo intero a causa dello sviluppo sempre più impetuoso della tecnologia dell’informazione.»

«Me ne ha parlato molto Mimmo, appena arrivato in azienda» lo interruppe brevemente Matteo.

«Certo, fa parte del programma di formazione dei nuovi Collaboratori. Quello che mi domandavo era se la disponibilità di sempre maggiori informazioni ad un prezzo sempre più basso, mettesse in crisi i modelli classici di organizzazione aziendale ormai consolidati da decenni. Così è nato il sistema di gestione che lei conosce bene e che abbiamo messo a punto tra mille difficoltà.»

«Intende alludere all’onestà intellettuale?»

Il dott. Ferretti di nuovo sorrise. «Vedo che ha metabolizzato il concetto.»

Matteo ricordò: «Sono state le parole che mi sono sentito ripetere più spesso, almeno all’inizio.»

«Perché è stato il concetto più difficile da spiegare e da far digerire» puntualizzò il dott. Ferretti che evidentemente stava pensando alle sue difficoltà di qualche anno prima.

«Però ho un dubbio…» confessò Matteo «che il modello non sia universale. Forse non è applicabile a tutte le aziende. Dopotutto, secondo i suoi canoni, esistono anche persone che intellettualmente oneste non lo sono!»

«Purtroppo è così…» ammise il dott. Ferretti «…però il modello funziona lo stesso!»

«Ma allora l’onestà intellettuale non conta affatto!» esclamò Matteo, quasi deluso.

«Non si abbatta. L’onestà intellettuale dei Collaboratori continua ad essere il pilastro della nostra azienda. Guai se così non fosse.»

«E allora?…» chiese Matteo.

«Allora l’Alfiere è continuamente impegnato nel miglioramento dell’onestà intellettuale di tutti. Anzi il suo lavoro è quello di creare le condizioni più favorevoli affinché i Collaboratori che esprimono tutta la loro onestà vengano premiati. E i Collaboratori, di conseguenza, si sentono più motivati a comportarsi con rettitudine.»

Matteo non era interessato più di tanto ad un approfondimento di quel concetto, visto che la sua onestà intellettuale gli era stata ampiamente riconosciuta. Voleva invece approfittare di quella occasione per chiedere un chiarimento su un dubbio che lo tormentava. «Io ho vissuto l’applicazione del modello sulla mia persona, ma non tutti sono come me. Intendo dire che sono laureato e ritengo di essere ambizioso e motivato. Cosa succede ad un giovane operaio che entra in fabbrica? Non vorrei essere frainteso, non voglio fare del classismo, ma le sue prospettive sono oggettivamente diverse dalle mie.»

Il dott. Ferretti si concentrò, quasi per scegliere le parole migliori. «Non vedo alcuna differenza tra un bravo laureato ed un bravo operaio. In fin dei conti quello che noi chiediamo a tutti i giovani che entrano in azienda è dichiarare le loro ambizioni. L’azienda è tutta a loro disposizione per aiutarli a crescere professionalmente, verificando insieme a loro se hanno le capacità per raggiungere gli obiettivi, e quindi i successi, concordati. Un operaio che ottiene un successo è felice quanto un laureato che ottiene un successo. I successi possono essere di tipo e natura diversi, ma la felicità di entrambi è la stessa.»

Poi proseguì. «Le ambizioni di ciascun Collaboratore possono cambiare nel tempo e il nostro sistema di gestione si adatta al passo che ciascuno vuole tenere. Certamente, il sistema incoraggia ogni Collaboratore ad accelerare il più possibile fino a raggiungere la velocità massima che “si sente di poter mantenere” … ma senza stress. E lo aiuta con ogni mezzo. Chiede solo che ognuno rispetti le “regole del traffico” e non provi invidia per chi va più forte.»

Matteo aveva riflettuto su quelle parole e gli erano tornati in mente gli esempi del civismo di guida e della Mille Miglia che avevano fatto Mimmo ed il dott. Manfredi tempo addietro.

«L’esempio migliore che le posso fare è quello di Mimmo, che lei conosce molto bene» continuò il dott. Ferretti. «Mimmo è un ottimo Capo Area e ha raggiunto il massimo a cui aspira, come lui stesso ci ha dichiarato. Se insistessimo per fargli fare ulteriore “carriera” probabilmente lo renderemmo infelice, attribuendogli responsabilità che lui non si sente in questo momento di assumere. Mimmo è incentivato ad aiutare la crescita dei propri Collaboratori ed essendo intellettualmente onesto è pronto a farsi da parte e a far passare un suo Collaboratore che viaggi ad un velocità superiore, senza sentirsi per questo un perdente, anzi sa che verrà premiato anche lui come vincitore!»

L’esempio del dott. Ferretti aveva perfettamente chiarito il dubbio di Matteo che concluse: « Quindi il modello non ha punti deboli!».

«Purtroppo ne ha uno, fondamentale!…» ammise il dott. Ferretti.

Matteo si fece di nuovo attentissimo.

«Funziona solo se voluto con estrema determinazione dal Grande Capo, l’imprenditore in persona. Non è un modello che nasce o si sviluppa spontaneamente all’interno dell’azienda» chiarì il dott. Ferretti, quasi con sconforto. «Dopotutto il modello è basato su una prima rinuncia dell’imprenditore all’utilizzo dei suoi poteri, diciamo, tradizionali.»

«Questo l’avevo notato» osservò Matteo «ma è una rinuncia a ragion veduta e si basa sul fatto che negli ultimi decenni il mondo intero è cambiato molto di più di quanto sia cambiato nei secoli precedenti!»

«Certo» continuò il dott. Ferretti «e poi, se ci pensiamo bene, il cosiddetto potere dell’imprenditore è più un mito che una realtà. Il fatto di essere da solo, al vertice della Bottega, non significa affatto che l’imprenditore non abbia superiori anzi, è proprio quello che di superiori ne ha più di tutti. I suoi superiori sono gli Azionisti, i Clienti, i Fornitori, i Collaboratori stessi, i Sindacati, lo Stato, la Società tutta.»

«Lei ha appena nominato i Sindacati…» lo interruppe Matteo. «Le posso chiederle che ruolo hanno nella Bottega Rinascimentale, i Sindacati?… Servono?… Pensavo che bastassero il Capo, il Maestro e l’Alfiere ad occuparsi della crescita professionale ed economica dei Collaboratori.»

«Beh, non esageriamo! Forse la presenza sindacale da noi non è così visibile come in altre aziende, e anche se alla Dolceferretti i Sindacati non hanno molto lavoro per le rivendicazioni salariali o normative, e questo è un nostro vanto, il loro ruolo di confronto con la direzione è fondamentale per pianificare e controllare lo sviluppo occupazionale. E mi sembra che questo li diverta molto di più che proclamare gli scioperi. Per me, poi, sono indispensabili per esercitare una funzione di controllo.»

«Di controllo, su chi?» chiese Matteo, incuriosito.

«Sui Capi Bottega.»

«Sui Capi Bottega?» ripeté Matteo esterrefatto.

«Si, sui Capi Bottega, perché è vero che i Capi Bottega sono sinceramente interessati alla crescita dei propri Collaboratori, ma anche loro possono sbagliare. Ed è per questo che i Sindacati, con i loro rappresentanti, devono vigilare affinché a ciascun Collaboratore vengano garantiti “di fatto e sempre” tutti i propri diritti.»

«Quindi, secondo lei, l’imprenditore non ha privilegi, ma responsabilità perché deve continuamente confrontarsi con le aspettative di tutti…» osservò Matteo.

«Questa è proprio la considerazione da cui sono partito, anni fa. E l’occasione è stata la rivoluzione copernicana della tecnologia dell’informazione, che ribalta i canoni del potere tradizionale in vigore da millenni. Occorre una rivoluzione anche all’interno dell’azienda, perché le sue modalità gestionali non possono più rimanere quelle di una volta…»

A Matteo sembrava strano sentir pronunciare la parola rivoluzione da un imprenditore. Ma non osò interrompere.

«La rivoluzione che ho cercato di fare è stata quella di mettere l’azienda al servizio dell’uomo e non viceversa! Un’azienda umana dove tutti, a partire dall’imprenditore, sono a disposizione di tutti. Un’azienda dove tutti sono Capi, Maestri, Alfieri e Collaboratori allo stesso tempo. E dove tutti possono trovare soddisfazione alle loro aspettative professionali, economiche e umane …»

Matteo lo guardò con ammirazione azzardando un domanda: «E pensa di esserci riuscito? Intendo dire, è soddisfatto dei risultati che ha raggiunto?»

«Questo lo dovrei chiedere io a lei. E’ soddisfatto di lavorare in questa azienda? Se lei mi dice di sì vuol dire che ho avuto la capacità per realizzare la mia ambizione: dimostrare che si può fare profitto anche all’interno di un’azienda umana. Ma, per raggiungere il mio obiettivo non basta che me lo dica solo lei; me lo devono dire anche tutte le altre persone che, a qualunque titolo, sono collegate con la nostra Bottega.»

«Io sono entusiasta e felice, di lavorare nella nostra Bottega» dichiarò Matteo con trasporto.

Il dott. Ferretti sorrise. Aveva capito che l’entusiasmo di Matteo, oltre che obbligatorio, viste le circostanze, era anche profondamente sentito, non di maniera, né tanto meno opportunistico. «Allora le chiedo solo di continuare a credere nella Bottega. Sono sicuro che anche lei, come me, non riuscirà nemmeno più a pensare che si possa lavorare in modo diverso.»

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