Il Valore Vero


Capitolo 5.4 de Il Maestro di Bottega –

 

«Dopo la divagazione storica sui Capitani di Ventura, le propongo di passare ad un altro argomento…» aveva ripreso il dott. Manfredi «…il Valore Vero dei Collaboratori.»

Matteo sembrava stupito. «Pensavo che avremmo parlato di controllo di gestione…» si era lasciato scappare.

«Parleremo sicuramente anche di questo, non si preoccupi» lo tranquillizzò il dott. Manfredi. «Anzi parleremo solo di controllo di gestione nei prossimi tempi. Però il nostro controllo di gestione è uno strumento al servizio di finalità ben precise e vorrei partire proprio dal chiarimento di queste.»

Matteo annuì, era perfettamente d’accordo.

Il dott. Manfredi allora riprese: «Sicuramente ha già notato che il metodo tradizionale per attribuire il valore al Collaboratore è quello del potere contrattuale. E’ opinione comune che un Collaboratore facilmente sostituibile all’interno di un’azienda abbia poco potere contrattuale, quindi poco valore e di conseguenza un trattamento economico basso. Viceversa un Collaboratore difficilmente sostituibile ha un potere contrattuale elevato, quindi un valore elevato e un conseguente trattamento economico elevato.» E scrisse alcune parole su un foglio:

 

potere contrattuale = valore falso

 

A quelle parole Matteo si era ricordato del suo ultimo colloquio con il dott. Inzolìa quando gli aveva annunciato la sua intenzione di lasciare la Brambilla S.p.A. Il dott. Inzolìa gli aveva detto che gli dispiaceva…, che lo deludeva…, che lo stava mettendo in difficoltà. E alla fine aveva aggiunto che “se era un problema di soldi” se ne poteva parlare…, che avrebbero sicuramente trovato un accordo. Il solito teatrino con gli attori che recitano parti logore e stantie.

Il dott. Manfredi continuò: «La conseguenza inevitabile dell’applicazione del modello che associa il valore ed il conseguente trattamento economico al potere contrattuale è che ciascun Collaboratore è portato ad accrescere il suo valore “speculativo”, quello falso, legato al suo potere contrattuale.»

«E quindi» dedusse Matteo «quel collaboratore dedicherà le sue risorse sia a difendersi dagli attacchi che gli vengono dal basso, ossia dai suoi inferiori, per non farsi sostituire, sia a sferrare attacchi verso l’alto, ossia ai suoi superiori, per cercare di sostituirli. E’ il modello del Castello, del Feudatario, della sua Corte e dei suoi Servi della Gleba, dove tutto è basato sulla sopraffazione del più forte.»

«La cultura del Castello, nel Medioevo era ben palpabile ed era basata sulla disinformazione, sulle alleanze più o meno segrete, sul sospetto se non addirittura sulla maldicenza e sugli intrighi. Nel Castello medioevale non regnava certo l’armonia.» constatò Il dott. Manfredi.

Matteo si era incuriosito. «Qual è dunque il nostro modello?»

«Abbiamo eliminato i conflitti interni tra capo e sottoposto, sia verso il basso che verso l’alto, e li abbiamo sostituiti con la generazione, in tutti, di aspettative di successo professionale che nascono e crescono nella cultura della Bottega. Il valore vero di ogni Collaboratore è quello basato sulle sue ambizioni e sulle sue capacità per raggiungerle…» e qui il dott. Manfredi scrisse di nuovo alcune parole sullo stesso foglio di carta:

 

ambizioni + capacità espresse = valore vero

 

Il dott. Manfredi riprese: «Le ambizioni sono le nostre, quelle personali, e sono praticamente illimitate. Chi non ambirebbe a diventare il Direttore Generale dell’azienda in cui lavora, o Sindaco della propria città, o Presidente della Repubblica? »

Matteo sorrise e annuì. E il dott. Manfredi continuò: «Le nostre capacità, di contro, sono limitate per definizione. Di geni come Leonardo o Newton o Einstein ne nascono pochissimi e comunque anche loro sono limitati; la sola differenza è che il loro limite sta molto al di sopra della media.»

Matteo annuì di nuovo. «Però ho un dubbio, dopotutto è abbastanza facile misurare il valore falso di un Collaboratore, il suo potere contrattuale cioè, come diceva prima. Ma come si fa a misurare il valore vero? Come si misurano le ambizioni e le capacità?»

«Ci stavo arrivando…» rispose il dott. Manfredi e scrisse, sempre sullo stesso foglio di carta:

 

ambizioni + capacità espresse + obiettivi raggiunti = successo

 

«Basta misurare gli obiettivi raggiunti dal Collaboratore!»

«Quindi il suo successo, in ultima analisi!» rispose Matteo.

«Sì, però con molte cautele sull’uso di questo termine che spesso è usato con un’altra accezione. Noi, per successo, intendiamo quello che ho appena scritto: la somma di ambizioni, capacità espresse ed obiettivi raggiunti. Quindi tutti possono avere successo!»

«Penso di aver capito. Non sta parlando del successo dei divi del cinema, o dei grandi manager, o dei politici famosi.»

«Proprio così. Il successo non è una chimera che solo pochi riescono a raggiungere, ma qualcosa alla portata di tutti!»

 

«Adesso vorrei ripassare con lei le tre fasi con cui si determina il successo dei Collaboratori e quindi il loro trattamento economico. Dovrebbe essere un semplice ripasso di cose che conosce, perché le ha già viste applicate l’anno scorso. Allora, il primo passo è la dichiarazione delle ambizioni: il Capo Bottega chiede ai suoi Collaboratori di dichiarare le loro ambizioni. Attenzione, le ambizioni sono qualcosa di personale e il Capo Bottega le può sollecitare se non ci sono, le può discutere se sono esagerate, ma tendenzialmente ne deve prendere atto. Chiaro fin qui?»

Matteo annuì.

«Il secondo passo è la traduzione delle ambizioni del Collaboratore in strategia da attuare e obiettivi da conseguire. Gli obiettivi devono essere il più possibile concreti e misurabili. A questo punto il Collaboratore comincia ad operare, coerentemente con la strategia. Deve cioè dimostrare di possedere le capacità per realizzare le sue ambizioni dichiarate. Il terzo ed ultimo passo è la valutazione finale: se il Collaboratore ha raggiunto o meno gli obiettivi.»

Matteo era pensoso. «Stavo pensando al mio insuccesso dello scorso anno, cosa è mancato?»

«Per quello che so io, lei ha dimostrato sia di avere le capacità che di saper raggiungere gli obiettivi. Ma le è mancata l’ambizione: non ambiva più a continuare a fare il Venditore. E’ semplice!»

«Già, è proprio semplice…» concordò Matteo. La sua azienda non cessava mai di stupirlo.

«Mi pare che ci siamo capiti. Però vorrei concludere con un esempio di tipo automobilistico!»

«Volentieri» concordò Matteo che ormai si era abituato agli esempi di scuola guida.

«La nostra azienda assomiglia alla Mille Miglia.»

«La Mille Miglia?» chiese Matteo. «Vuol dire la parata di auto storiche guidate da personaggi vestiti in stile retrò?»

Il dott. Manfredi sorrise. «Più che alla parata di oggigiorno mi riferisco alla Mille Miglia di una volta, quella pionieristica. La Mille Miglia adesso è una gara di regolarità, fatta con macchine d’epoca, che serve a rievocare la Mille Miglia di un tempo, quando era una corsa vera, contro il tempo. La Mille Miglia era assolutamente aperta a tutti, anche il possessore di una utilitaria, o di una berlina di serie, poteva partecipare e correre, nella propria categoria, insieme ai campioni più famosi del tempo, alla guida di potenti granturismo da corsa. Le vetture meno veloci partivano da Brescia molto prima delle granturismo, e vi arrivavano molto dopo. Però alla fine della gara non veniva proclamato un solo vincitore, il più veloce di tutti, ma anche tanti altri vincitori, uno per ciascuna categoria.»

«Penso di capirne il fascino» disse Matteo. «Il pilota che vinceva nella categoria delle utilitarie era felice come il vincitore assoluto, perché aveva avuto la possibilità di partecipare ad una corsa vera e di avere avuto successo, anche se relativo alle prestazioni del mezzo meccanico che possedeva.»

«Lo spirito di questa azienda è come quello della Mille Miglia. L’azienda mette a disposizione di tutti i propri Collaboratori un mezzo. Questo mezzo dipende dall’ambizione che ha dichiarato il Collaboratore; l’importante è che dimostri le capacità di saperlo guidare bene e portarlo al traguardo. Se questo si verifica, l’azienda gli metterà sicuramente a disposizione un altro mezzo più potente. Però nessuno è escluso a priori dalla corsa; tutti possono partecipare e chiunque può vincere, proprio come nella Mille Miglia.»

Matteo si era un po’ depresso a quelle parole. Lui aveva già fatto una Mille Miglia, ma non gli sembrava di aver ottenuto dei risultati molto brillanti.

Il dott. Manfredi riprese: «L’impegno di ogni Capo Bottega di questa azienda è quello di stimolare continuamente i propri Collaboratori a raggiungere i massimi successi di cui sono capaci. E badi bene che il successo di ogni Collaboratore non è solo un successo personale. E’ anche un successo per il suo Capo e per ciascuno dei suoi colleghi di Bottega, insomma per tutta l’azienda.»

«E come fa il Capo a capire quando il Collaboratore ha raggiunto il massimo successo possibile?» chiese Matteo.

Il dott. Manfredi puntualizzò: «Non se ne deve accorgere il Capo, perché se ne accorge per primo il Collaboratore stesso: quando avverte lo “stress” ha fatto una grande scoperta perché ha focalizzato con precisione i propri limiti e a cosa può ambire con le sue capacità.»

Adesso Matteo aveva capito. «In effetti quello che avevo avvertito alla fine del mio anno da venditore era proprio lo stress. Mimmo mi aveva portato a quel punto per farmi capire che la mia ambizione era irrealizzabile. Infatti quando mi ha proposto di cambiare lavoro ero rimasto sì deluso, ma in fondo in fondo mi ero sentito come sollevato da quello che stava per diventare una specie di incubo.»

Poi, sempre pensando ad alta voce, Matteo continuò: «Nel mio precedente lavoro, invece, ero frustrato perché avvertivo un divario tra le mie ambizioni e le mie capacità. Ero convinto di essere in grado di fare di più, ma nessuno mi incoraggiava a farlo. Anzi sembrava che tutti avessero solo interesse a che io continuassi a tirare la mia carretta, quella che mi avevano consegnato il primo giorno perché erano rimasti senza quello che la tirava prima di me.»

Il dott. Manfredi lasciò che Matteo si abbandonasse a quei ricordi a voce alta. Poi, quando era chiaro che Matteo aveva concluso le sue osservazioni, esclamò a bruciapelo: «Il Controllo di Gestione è il servizio cronometraggio della Mille Miglia delle nostre Botteghe!»

 

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