Capitolo 1.5 de Il Maestro di Bottega
– Il primo anno di lavoro era letteralmente volato. Ripensando a tutti i problemi che aveva incontrato, Matteo si sentiva abbastanza sicuro di averli risolti al meglio, introducendo dei miglioramenti che avevano semplificato le procedure di lavoro all’interno del suo ufficio e permesso di ridurne i tempi e quindi anche i costi.
Certo, la ricostruzione della memoria storica dell’Ufficio Vendite, che il sig. Maresca si era portato via, andando in pensione, era stata lunga e difficile. Una volta ricreata questa memoria Matteo aveva affrontato il problema dell’automazione del lavoro. Non si poteva continuare con gli ordini telefonici, con le copie commissione scritte a mano, l’uso del fax manuale quando ormai la posta elettronica era così diffusa. E così dopo un anno, anche se gli ordini erano aumentati, riusciva a fare da solo il lavoro di tutto l’Ufficio Vendite che prima veniva fatto dal sig. Maresca insieme al suo collaboratore.
Matteo ne aveva parlato con il dott. Inzolìa con una certa soddisfazione e, per tutta risposta, la settimana successiva il collaboratore era stato spostato all’Ufficio Spedizioni.
Il Commendator Brambilla lo vedeva raramente. In uno di quei rari incontri, però, il Commendatore l’aveva portato nel suo Ufficio e gli aveva chiesto se se la sentiva di preparargli un piano di marketing per il Sud, dove la costruzione del nuovo deposito stava procedendo velocemente. Matteo era rimasto sorpreso, ma la cosa gli aveva fatto piacere: il Commendatore si era accorto di lui e gli stava assegnando nuove responsabilità. Si dedicò a quell’incarico con passione, lavorando anche oltre l’orario. Gli sembrava che fosse la sua occasione per dimostrare quanto valeva. Un mese dopo, pensò di parlarne con il suo Capo, anche per confrontarsi con lui e verificare la correttezza di alcune ipotesi che aveva fatto.
Quando il dott. Inzolìa vide il suo lavoro andò su tutte le furie. Matteo avrebbe voluto sprofondare sotto terra, perché si rese conto che il suo Capo non ne sapeva niente. E il dott. Inzolìa, anziché commentare il suo lavoro continuava a ripetere che il marketing era una cosa seria e non poteva certo essere affidato al primo venuto.
«Parlerò con il Commendatore, intanto tu continua ad occuparti dell’Ufficio Vendite, che di lavoro ne hai già abbastanza.» L’entusiasmo di Matteo si spense di colpo come sotto una doccia fredda.
Non ho capito perché, ma devo averla combinata grossa – pensò.
La cosa si era sgonfiata da sola: nessun altro accenno al piano di marketing. Ma una mattina il dott. Inzolìa chiamò Matteo e, con un sorriso di trionfo, gli presentò il dott. Gino Venturi, il nuovo Assistente Marketing che l’azienda aveva appena assunto. Lo pregò di mettersi a sua completa disposizione per fornirgli tutti i dati di cui avesse avuto bisogno per il suo lavoro.
Matteo uscì profondamente frustrato da quell’incontro, si sentiva defraudato di un incarico che gli aveva affidato personalmente il Commendatore, e che gli sembrava di aver svolto bene, almeno finché il dott. Inzolìa non lo aveva fermato.
Qualche giorno dopo parlò del suo disagio con il Commendatore, in occasione di uno dei loro brevi incontri. Il Commendatore gli era sembrato comprensivo, e l’aveva rassicurato: la presenza del nuovo Assistente Marketing non era affatto legata ad una insoddisfazione per quanto Matteo aveva fatto o stava facendo, anzi: portando avanti da solo l’ufficio vendite era stato proprio lui a creare le condizioni di risparmio per poter assumere un nuovo Collaboratore.
Il Commendatore aveva poi continuato esprimendo la sua soddisfazione per il fatto che i lavori del nuovo deposito per il Centro Sud stavano procedendo secondo le previsioni più ottimistiche ed il piano di marketing doveva essere portato avanti con rapidità. Matteo quindi avrebbe dovuto dedicarsi a tempo pieno all’Ufficio Vendite, anche in previsione dell’aumento del carico di lavoro appena il nuovo deposito fosse stato completamente operativo.
Poi, quasi a voler fugare ogni residuo dubbio, il Commendatore aggiunse che il neo assunto, il dott. Venturi, proveniva da un’azienda concorrente dove, oltre ad interessarsi di marketing, era anche il Responsabile della Qualità e che ormai, anche per la Brambilla S.p.A. era venuto il momento di certificarsi ISO 9000.
A quel punto il Commendatore si vantò, complimentandosi con sé stesso: assumendo il dott. Venturi aveva tolto una persona valida alla concorrenza, aveva risolto il problema dell’Assistente Marketing al dott. Inzolìa e infine aveva acquisito la persona giusta per procedere alla certificazione ISO 9000. Il suo sorriso sornione voleva significare a Matteo che non poteva farsi sfuggire un “tris d’Assi” come quello.
A quelle parole Matteo aveva pensato che il Commendatore era stato opportunista, come sempre. Questa volta, poi, aveva addirittura preso tre piccioni con una fava. Peccato che avesse completamente ignorato le sue aspettative. Ma fece buon viso a cattivo gioco, e incassò quella delusione. Il mese successivo, quando trovò un aumento nella sua busta paga, si consolò pensando a un riconoscimento del Commendatore per l’ottimo lavoro svolto, che gli aveva riconosciuto durante il colloquio. Ma arrivò subito una seconda delusione, cocente, quando la signora del personale gli disse che l’aumento che aveva trovato in busta paga era quello previsto dal suo contratto di lavoro.
Matteo ebbe un brivido lungo la schiena: si vedeva vecchio e curvo nell’Ufficio Vendite quarant’anni dopo, e prese una decisione irrevocabile: non voleva invecchiare dietro quella scrivania come il sig. Maresca.
Ne parlò con suo padre, per cercare conforto e consiglio. Ma il padre gli confermò che quella era la logica aziendale: tutti i rapporti erano basati sul potere contrattuale. Il dott. Inzolìa si era accorto che il potere contrattuale di Matteo stava crescendo, aveva fatto risparmiare all’azienda una persona e gli era stato affidato un incarico importante direttamente dal Titolare. Allora, prima che fosse tardi, aveva usato tutto il suo potere contrattuale con il Titolare per mettere insieme una rappresentazione, un teatrino, circa la necessità di avere un suo assistente marketing, ed aveva avuto buon gioco.
Matteo si sentiva più distrutto che depresso. Suo padre, anche senza dirglielo, gli stava suggerendo di stare al gioco del teatrino, di recitare bene la sua parte celandosi dietro la sua maschera di scena, in attesa di aumentare il suo potere contrattuale e scoprire i punti deboli dell’avversario, per approfittarne alla prima occasione favorevole. Se voleva avere qualche speranza di carriera, avrebbe dovuto fare lo “yes man”, dire sempre di sì al Capo e non creargli mai problemi.
No! aveva concluso Matteo, non si sarebbe fatto coinvolgere in quel teatrino. La sensazione che lo assalì e lo spaventò fu quella di doversi trovare, una volta raggiunta la dirigenza, a perpetuare lui stesso la medesima sopraffazione ai danni dei suoi collaboratori.
Questo gioco perverso non è degno di un uomo – pensò.
Aveva bisogno di spazi più aperti e cominciò a leggere con regolarità gli annunci di ricerca del personale sui giornali.
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