La Riunione di Bottega


Capitolo 3.2 de Il Maestro di Bottega

Il venerdì mattina Mimmo aveva chiamato Matteo. «Volevo preparati alla riunione settimanale. Oggi incontrerai e conoscerai il resto dei Collaboratori della Bottega…»
Matteo chiese una conferma. «Hai detto Riunione Settimanale, ho capito bene? Intendo dire: queste riunioni di Bottega si fanno ogni settimana?»
Mimmo sembrò meravigliarsi della sorpresa di Matteo. «Perché ti sembra strano?»
«Beh, nella mia precedente azienda il capo faceva una riunione con tutti i suoi collaboratori solo quando esisteva qualche problema grave. E tutte queste riunioni, inevitabilmente, si concludevano con provvedimenti di emergenza, e con qualche lavata di testa.»
Mimmo sorrise. «Quella è l’ottica del Castello, che indice la riunione, magari all’ultimo momento, quando c’è da gestire una situazione fuori controllo. Nella Bottega, invece, paradossalmente la riunione si fa, ogni settimana, per prendere atto che tutto è sotto controllo, al limite solo per salutarsi.»
«Non dirmi che ogni venerdì vengono in azienda tutti i tuoi Venditori da ogni parte del Nord Ovest, per fare due chiacchiere, e bere insieme un caffè. Sarebbe un caffè molto costoso!» esclamò Matteo, quasi scandalizzato.
«Stai tranquillo! L’obiettivo teorico sarebbe proprio quello di incontrarsi per prendere atto che non c’è niente da fare, ma purtroppo questo non è mai successo.»
«Scusa, anche se ho capito che stai facendo un discorso portato al limite, non riesco proprio a seguirti. Mi potresti fare un esempio pratico?»
Mimmo ci pensò qualche secondo, poi il suo viso si illuminò di colpo. «Parliamo del Titanic, sono sicuro che conosci la vicenda.»
Matteo annuì, aveva visto il film.
«Allora, se il Titanic fosse stato gestito come una Bottega e non come un Castello, le cose sarebbero andate diversamente!»
«In che senso?» chiese Matteo stupito della sicurezza con cui Mimmo aveva fatto quell’ultima affermazione.
«Nel senso che se a bordo del Titanic, appena usciti dal porto, avessero fatto un’esercitazione di abbandono nave si sarebbero subito accorti che mancavano le scialuppe per buona parte dei passeggeri. Poi se il giorno dopo avessero fatto una seconda esercitazione avrebbero notato che gli spazi a disposizione dell’imbarco sulle scialuppe erano troppo ristretti. E se il terzo giorno avessero fatto un’altra esercitazione avrebbero probabilmente scoperto che i corridoi del ponte inferiore erano troppo stretti, e così via. Sarebbero bastate poche esercitazioni, quindi, per evidenziare, e risolvere in sequenza problemi sempre più piccoli….»
«Invece, nel caso del Titanic, la prima ed unica esercitazione di abbandono nave purtroppo non è stata un’esercitazione, ma una tragica necessità, con i risultati che ben conosciamo» concluse Matteo.
«Nel caso del Titanic il disastro è stato causato dalla certezza che la nave fosse inaffondabile. Di questo erano certi tutti, dal Progettista al Comandante. Nella Bottega non esistono certezze immodificabili, al contrario esiste l’atteggiamento mentale di rimettere continuamente in discussione ogni certezza per pervenire a nuove certezze, più solide delle prime, ma comunque da rimettere in discussione.»
«Se ho ben capito, quindi, la riunione settimanale di Bottega è come un’esercitazione di abbandono nave. Ogni settimana si verifica cosa c’è che non va, e si elimina il problema riscontrato, almeno per essere certi di continuare a navigare con la massima sicurezza possibile.»
«Proprio così» concordò Mimmo. «La riunione settimanale di Bottega è proprio il momento attuativo dell’alta frequenza, dell’alternanza tra strategia ed operatività.
La cosa aveva senso – aveva pensato Matteo. Gli erano tornate alla mente le riunioni formali nella sua precedente azienda cui partecipavano solo i massimi livelli e dove venivano prese decisioni sempre abbastanza misteriose. Le uniche cose certe che trapelavano erano le arrabbiature del Commendatore. Quando alzava la voce lo sentivano in tutti gli uffici! Qui invece le riunioni erano istituzionalizzate e tutti partecipavano.
Mimmo, visto che Matteo sembrava convinto, proseguì. «Dopo aver visto “perché” si fanno le riunioni di Bottega, vediamo anche “come” si fanno. Le riunioni iniziano, invariabilmente, con l’analisi dell’operatività settimanale, fatta da ciascuno dei Collaboratori. Poi, dopo l’analisi, ciascuno è incoraggiato a dire quello che chiamiamo in gergo una Stupidata … una ipotesi creativa che può generare possibili sviluppi.»
Lo sguardo di Matteo era a metà tra il sorpreso ed il divertito.
«Detto in inglese, il termine è molto più formale: “brainstorming”» precisò Mimmo. «Ciascuno può dire la sua, o le sue stupidate. Deve sentirsi assolutamente libero, senza inibizione, senza timore di essere criticato o deriso dagli altri.»
Matteo ne convenne. «Ne ho sentito parlare: la libertà di poter dire tutto quello che ci passa per la testa, anche una stupidata come la chiami, genera spunti di discussione o idee, che non salterebbero mai fuori se uno avesse paura di essere criticato.»
«Esattamente…» continuò Mimmo «…poi, sempre attraverso la discussione, si può decidere di passare alla simulazione delle stupidate più promettenti, definendone sempre e comunque sia i vantaggi che gli svantaggi, ed i relativi costi di attuazione e benefici attesi. In questo modo spesso si perviene ad una risposta creativa ed interessante per risolvere un problema evidenziato dall’analisi.»
«Una possibile ridefinizione della strategia della Bottega…» commentò Matteo.
«Certo. Se il Capo Bottega è convinto della bontà di questa ridefinizione se ne assume la responsabilità gestionale, come abbiamo già visto qualche giorno fa parlando della figura del Capo, e la porta al livello superiore, per discuterla nell’ambito della Bottega di cui è il Collaboratore.»
«Quindi in questo modo, con le riunioni settimanali di Bottega, si riesce a migliorare la strategia, mantenendola costantemente allineata e condivisa» concluse Matteo, ammirato.
«Proprio così…» ribadì Mimmo «…oggi pomeriggio lo vedrai in pratica.»
Alle 14.00 la riunione era puntualmente iniziata. Qualche minuto prima erano già tutti presenti: un’altra cosa che Matteo aveva osservato con piacere. L’orario di inizio delle riunioni nella sua precedente azienda era sempre molto flessibile, e il quarto d’ora accademico di ritardo era diventata una prassi ormai consolidata.
Qui invece alle 14.00 in punto la riunione era iniziata. Mimmo era stato puntuale, e tutti i suoi Collaboratori, per una questione di rispetto, erano già seduti intorno al tavolo della riunione quando Mimmo era arrivato. Notò anche con piacere che, prima di iniziare, avevano spento i loro telefonini.
Mimmo aveva esordito presentando Matteo a tutti i Collaboratori della Bottega spiegando che avrebbe affiancato Luciano in Liguria per i successivi sei mesi e che avrebbe operato in autonomia gli altri sei. Matteo si sentiva addosso gli occhi di tutti, ma non notò né stupore né sospetto, anzi! Era sicuro che i sorrisi di benvenuto che ciascuno gli aveva rivolto fossero sinceri e sentiti, non di facciata.
La riunione era poi proseguita con gli argomenti all’ordine del giorno, come l’andamento dei prezzi, i confronti tra le previsioni ed il fatturato, le problematiche emerse dalle visite ai clienti, l’assistenza tecnica, la situazione dei pagamenti. Dopo l’analisi, ciascuno aveva detto le sue “stupidate”, come le chiamava Mimmo e alla fine erano emerse un paio di idee che erano state analizzate più a fondo. Riguardo a queste Mimmo si era ripromesso di riparlarne nella successiva riunione, dopo aver acquisito una serie di altri dati necessari per la discussione.
No, gli argomenti della riunione non erano una novità per Matteo, ma la cosa che lo aveva colpito era l’armonia in cui si era svolta, quell’armonia di cui il dott. Ferretti gli aveva parlato, un’armonia che dava l’impressione di una partita ben giocata da una squadra affiatata dove non c’era un fuoriclasse al cui servizio tutti gli altri si dovevano sacrificare. Mimmo era stato tranquillo, come sempre. Nessuno aveva alzato la voce, non c’era stato nessun segno di antagonismo, o dissidio, o difesa al oltranza del proprio operato, e soprattutto nessun tentativo di addossare ad altri responsabilità per eventi che non avevano dato il risultato atteso. Anzi aveva notato un notevole senso critico, perfino autoironia, da parte di tutti ed entusiasmo ad accettare nuove sfide.
Matteo aveva ricevuto una ulteriore prova pratica che la Bottega era proprio come gli era stata descritta.
Alla fine della riunione, Luciano e Matteo avevano preso gli ultimi accordi per il lunedì successivo; Luciano lo avrebbe aspettato nell’ufficio di Genova nel primo pomeriggio, e avrebbero iniziato il loro periodo di lavoro insieme.
Quando tutto fu finito e furono soli, Mimmo chiese a Matteo: «Allora, che impressioni hai ricavato dalla tua prima riunione di Bottega?»
«Sinceramente avevo qualche timore…» ammise Matteo «…ma mi sono sentito subito a mio agio nella mia Bottega!»
Mimmo sorrise, e aggiunse: «E’ la convergenza degli obiettivi che fa la differenza. La Bottega è come una squadra. L’arrivo di un nuovo giocatore non è visto come un evento che possa mettere in pericolo il ruolo di un giocatore esistente, ma come una possibilità di potenziamento complessivo dell’intera squadra. E questo potenziamento sarà tanto maggiore quanto più il nuovo arrivato sarà bravo. I suoi successi personali non potranno che migliorare i risultati complessivi della squadra e quindi il successo di tutti.»
«Quindi gli interessi della catena Mimmo – Luciano – Matteo e di tutte le altre Catene dei 3 che legano i Collaboratori della Bottega sono tutti convergenti verso l’obiettivo comune di crescere insieme, aiutandosi reciprocamente» concluse Matteo con soddisfazione.
«Mi sembra che la tua prima settimana in azienda si possa ritenere conclusa. Non mi resta che augurarti un buon fine settimana. Ci vediamo lunedì mattina per preparare la tua partenza.»

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