“Il Maestro di Bottega” Parte 1.10 – Amleto


Capitolo 1.10 de Il Maestro di Bottega

– Matteo adesso si trovava di fronte ad un bivio importante, e sentiva il bisogno di parlarne con qualcuno. Aveva subito escluso suo padre. L’ultima volta che gli aveva parlato del suo disagio aveva ricevuto solo l’esortazione ad allinearsi e aspettare momenti migliori. Molto meglio Erika – aveva pensato – anche perché stava assumendo un ruolo sempre più importante nella sua vita.
«Vorrei parlarti di un mio dubbio…» aveva detto in maniera vaga al telefono chiedendole di incontrarla presto. Erika accettò subito, aveva capito che Matteo le stava chiedendo di nuovo un aiuto.

«Allora, Amleto…» iniziò scherzosamente Erika, seduta davanti a Matteo al solito tavolino della solita pizzeria «…qual’è il dubbio che ti tormenta?»
«Andare o non andare, questo è il problema» aveva iniziato a recitare, ispirato, Matteo. Poi seriamente aggiunse: «Hai presente la nostra gita sul lago, qualche tempo fa?»
«Come qualche tempo fa? Era il 20 giugno!…» finse di sgridarlo Erika, lanciandogli un’occhiataccia, ma rivivendo in un baleno ogni attimo di quel giorno.
Matteo si accorse di aver sbagliato l’attacco. «Scusa, so bene che quello è stato un giorno indimenticabile. Volevo solo riallacciarmi ad un’altra cosa che è iniziata proprio quel giorno.»
Erika gli rivolse una seconda occhiataccia. «Sarei proprio curiosa di sapere cos’altro può essere iniziato quel giorno, di più importante.»
Matteo si rese conto di aver fatto un altro errore. «Quella mattina avevo letto una strana inserzione sul giornale…» disse tutto d’un fiato.
Erika gli lanciò la terza occhiataccia. «Spero che non fosse nella rubrica dei Cuori Solitari…»
«No, no. Non preoccuparti, non dovevo cercare un’anima gemella; quella pensavo di averla già trovata…» e le fece gli occhi dolci, accarezzandole la mano, per farle capire che la speranza di allora era diventata una certezza. Erika adesso sorrideva felice.
Finalmente Matteo era riuscito ad interrompere quella serie di gaffe e riprese: «Era un’inserzione di ricerca di personale stranissima. L’annuncio diceva che l’azienda non aveva bisogno di nessuno.»
«Non capisco perché un’azienda dovrebbe mettere un’inserzione per far sapere che non ha bisogno di nessuno…»
Malgrado il tono dubbioso, Erika era chiaramente incuriosita.
«Infatti, non lo capivo neanche io. Ma poi l’annuncio continuava con una domanda in contraddizione: vuoi venire a lavorare con noi?»
«E così tu hai risposto…» indovinò Erika.
«Non te ne ho mai parlato prima perché volevo essere ben sicuro che non fosse uno scherzo, insomma che fosse una cosa seria, malgrado le apparenze iniziali» si scusò Matteo. «E così al primo incontro mi hanno detto che stavano selezionando dei possibili Collaboratori da inserire in azienda, con tutta calma, visto che in quel momento non avevano bisogno di nessuno. Poi mi hanno richiamato per un secondo colloquio e ieri mi hanno comunicato che sono disposti ad assumermi.»
«Sei sicuro di aver capito bene?» domandò Erika dubbiosa.
«Sicurissimo, anche perché il dott. Ferretti è stato molto chiaro.»
«Chi è dott. Ferretti, il Capo del Personale?»
«No, il Direttore Generale!»
«Il Direttore Generale in persona?» Erika sgranò gli occhi. «E’ un’azienda piccola, allora.»
«Al contrario, ha quasi quattrocento dipendenti.»
Erika scosse la testa, come per svegliarsi. «E allora il Direttore Generale, visto che a loro non serve nessuno, ti ha proposto di andare a fare…» stava per dire “tappezzeria”, ma si trattenne.
«… quello che voglio …» concluse Matteo.
«Sembra troppo bello per essere vero» replicò Erika, ripensando alle sue lotte con papà per fare l’Università che voleva lei, e non lui. «E tu, cosa hai risposto?»
«Ancora niente, non volevano una risposta subito, ho ancora qualche giorno per pensarci.»

Il cameriere era arrivato con le loro pizze. Aveva augurato loro buon appetito e buona conversazione. Ormai li vedeva spesso, e si era accorto che Matteo ed Erika parlavano sempre fitto fitto, quando erano lì. Aveva anche chiesto se il volume della musica era troppo alto. «Se vi disturba lo faccio abbassare.» Erika e Matteo l’avevano ringraziato di cuore. Andava tutto benissimo, grazie.

Erika adesso sapeva perché Matteo l’aveva chiamata: voleva prendere insieme a lei quella decisione così importante per lui. Lo guardò con tenerezza e gli chiese: «Immagino che ci sia qualcosa che ti abbia colpito in questa azienda…»
Matteo non esitò un attimo. «Certo, il dott. Ferretti ha giocato a carte scoperte e mi ha detto esattamente cosa mi aspetta, e cioè due anni di prova per realizzare la mia ambizione di diventare un buon venditore. E mi ha dichiarato che l’azienda è a mia disposizione per aiutarmi.»
Erika sembrava scettica. «Una specie di contratto di formazione, e una promessa che sembra fin troppo bella per essere vera!»
«Anche tuo padre mi aveva fatto delle promesse…» osservò Matteo.
«Proprio per questo. Papà di promesse ne ha fatte tante, ma non so se le ha mantenute tutte. Perché il dott. Ferretti dovrebbe essere diverso?» Poi, senza aspettare una risposta continuò seguendo il filo dei suoi pensieri: «Ti sei chiesto perché hanno deciso di investire proprio su di te e non su un altro?»
«Ah! Questo te lo dico subito. C’è dietro un concetto filosofico» rispose Matteo con fare molto sofisticato.
«Beh allora qui gioco in casa.» Erika sembrava divertita dal fatto che si potesse fare filosofia sui criteri di scelta di una persona da assumere in azienda. «Qual’è, dunque, questo concetto filosofico?»
«L’onestà intellettuale…» dichiarò timidamente Matteo «…ovvero quell’onestà che ti porta a perseguire principi etici di comportamento senza riserve mentali, come mi ha detto il dott. Ferretti. Proprio lui ha riconosciuto in me onestà intellettuale e mi ha fatto la proposta…»
Erika stava riflettendo intensamente. Non aveva dubbi che il suo Matteo fosse intellettualmente onesto. Era stata una scoperta che aveva fatto giorno dopo giorno, conoscendolo sempre meglio. Ricordava la gioia crescente che provava man mano che Matteo le aveva dimostrato di essere veramente interessato a lei e di amarla per quello che lei era veramente, e non perché era giovane e carina o perché era la figlia del titolare. Di ragazzi falsi che le giravano intorno ne aveva avuti anche troppi, fino ad esserne infastidita. Ma se l’onestà intellettuale di Matteo era uno dei motivi per cui il loro rapporto di amicizia si era rapidamente trasformato in amore, non capiva perché potesse essere altrettanto importante per iniziare un rapporto di lavoro.
Matteo, quasi leggendole nel pensiero, aveva proseguito. «Non ho ancora capito bene perché il dott. Ferretti ritenga che l’onestà intellettuale sia così importante. Posso però dirti che ho percepito, in azienda, una grande armonia di cui il dott. Ferretti va molto fiero. Sento che quest’azienda è molto “diversa”…»
«Quindi questa azienda ti piace. Ma il tuo lavoro attuale non ti soddisfa proprio?» Erika sembrò voler fare un ultimo tentativo.
«Beh, nell’azienda di tuo padre penso di essermi impegnato a fondo e di aver anche ottenuto dei buoni risultati. Ma il mio Capo vuole che tenga gli occhi a terra e continui a tirare la carretta in silenzio. Il mio lavoro sta trasformandosi in una routine a cui mi devo rassegnare. E questo non è certo esaltante.»
«Vuoi che ne parli a papà?» gli chiese Erika con tono materno.
«Ti prego, non farlo assolutamente! I miei rapporti con l’azienda di tuo padre non devono aver niente a che fare con noi, altrimenti roviniamo tutto.»
Per Erika quella era un’altra conferma dell’onestà intellettuale di Matteo.
«Prima di decidere te ne volevo parlare per sentire cosa ne pensi e poi perché “tradire” l’azienda di tuo padre mi sembra che sia come “tradire” un po’ anche te.»
«Guarda, se proprio ti devo dire la verità, i tre mesi che ho passato in azienda con papà mi sono sembrati interminabili. In quell’azienda mi sembravano tutti pazzi. E poi io ti voglio bene e desidero la tua felicità, e mi sembra di aver capito che tu accetteresti volentieri l’offerta che ti hanno fatto. Quanto a tradire l’azienda di papà, beh non è certo questo il tipo di tradimento che mi preoccupa!» sorrise Erika, lanciandogli un’ultima occhiataccia.
«Ti prometto che darò un congruo preavviso, non voglio mettere in difficoltà nessuno…» concluse Matteo, quasi scusandosi.

Il giorno dopo Matteo telefonò alla signorina Gioia della Dolceferretti S.p.A. comunicandole che accettava la loro offerta e dava la sua disponibilità dal primo gennaio dell’anno successivo: tre mesi dopo.

Capitolo 1.10 de Il Maestro di Bottega

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