“Il Maestro di Bottega” Parte 1.8 – La Selezione


Capitolo 1.8 de Il Maestro di Bottega

– Alle 17.20 Matteo si trovava davanti all’ingresso della Dolceferretti S.p.A. Si presentò alla reception e fu subito accompagnato dalla signorina Gioia dell’Ufficio Personale.
La signorina Gioia, dopo le presentazioni, lo tranquillizzò. «So che il nostro annuncio può averla sorpresa, e magari esserle sembrato un po’ curioso…»
«Se devo essere sincero» ribatté Matteo «pensavo che si trattasse di uno scherzo.»
La signorina Gioia sorrise per qualche istante, poi aggiunse seria «No, non è uno scherzo. E’ la nostra procedura di ricerca di nuovi collaboratori. Li assumiamo quando non ci servono, per prepararci alla crescita dell’azienda.»
Matteo credeva di non aver capito: cosa vuol dire assumere le persone quando non servono? – ma lasciò continuare la signorina Gioia.
«La nostra è un’azienda dinamica, con circa quattrocento addetti. Ci occupiamo di produzione e commercio di beni di largo consumo nel settore dolciario.»
Fatte le presentazioni, aveva continuato: «Se è interessato a lavorare con noi, l’unico impegno che le chiedo è quello di dedicarci dieci minuti e di compilare questo modulo, che contiene i dati anagrafici ed alcune domande sulle sue aspirazioni. Questo non comporta, ovviamente, alcun impegno reciproco.»
Anche se Matteo non capiva bene cosa stesse succedendo, acconsentì a compilare il questionario. Dopotutto era lì, e sarebbe stato sciocco dire “no grazie” ed andarsene.
Matteo aveva già riempito parecchi questionari, negli ultimi tempi e quello della Dolceferretti gli sembrava come tutti gli altri. Però man mano che lo compilava si accorgeva che aveva una particolarità: dava molto più spazio ed enfasi a quello che “voleva fare” piuttosto che a quello che “sapeva fare”. L’ultima domanda era curiosa: “Cosa ti piacerebbe fare, subito?” Ci aveva pensato a lungo e alla fine aveva risposto, senza alcun dubbio: il Venditore.
Quando ebbe finito consegnò il modulo alla signorina Gioia che lo accompagnò all’ingresso e gli promise che si sarebbe comunque fatta viva. Non poteva promettere niente sui tempi, però…
Matteo era abituato alle delusioni. Alla fine la conclusione era sempre quella: «Non si preoccupi, ci faremo vivi…»

Matteo aveva dimenticato subito la Dolceferretti S.p.A. e così era rimasto sorpreso un venerdì sera, di ritorno dall’ufficio, nel leggere questa e-mail:

Gentile Dottor Raimondi,
La informo che è stato prescelto per la successiva fase della selezione che stiamo effettuando. Il dott. Carlo Maria Ferretti, nostro Direttore Generale, l’aspetta mercoledì prossimo per un colloquio. La prego di confermarmi l’appuntamento fissato alle 17.30 o di richiamarmi per fissarlo in altra data.
Cordiali saluti – Gioia Melchiorri
Ufficio Personale Dolceferretti S.p.A.

Caspita – pensò Matteo – il Direttore Generale della Dolceferretti S.p.A. in persona lo aveva convocato per un colloquio. E senza pensarci due volte inviò la sua conferma.

Aspettando di entrare nell’ufficio del dott. Ferretti, Matteo osservava la sua Segretaria. Durante l’attesa non era mai stata chiamata, nessuno le aveva chiesto una fotocopia, o un fax, o una pratica urgente. Gli era tornata alla mente Erika ed il suo daffare nell’ufficio del Commendator Brambilla.
Era lì da pochi minuti quando la porta del Direttore Generale si aprì ed uscirono, una dopo l’altra, sette persone che lo salutarono garbatamente con un cenno. Nessuna radiografia. Questa volta in sette mi avrebbero incenerito – pensò con sollievo Matteo – entrando nell’ufficio del Direttore Generale.
Fu subito colpito da quell’ufficio, completamente diverso da quello del Commendator Brambilla. La parola più adatta per descriverne l’essenziale semplicità era “francescano”. C’erano solo un tavolo con otto sedie poste al centro della stanza e, in un angolo, la scrivania del dott. Ferretti, completamente sgombra, c’era solo un computer.
Ma la cosa più importante su cui concentrarsi era il dott. Ferretti. Doveva essere sulla cinquantina – pensò Matteo dopo averne notato le tempie brizzolate – anche se il fisico, alto e snello, sembrava togliergli qualche anno. Vestiva in modo elegante, un po’ all’inglese, ma sobrio.
«Il nostro modo insolito di cercare Collaboratori sicuramente ha destato la sua curiosità…» aveva esordito il dott. Ferretti con un tono di voce molto pacato, subito dopo le presentazioni. «L’annuncio che lei ha letto sul giornale è completamente vero: in questo momento non abbiamo bisogno di nessuno, e proprio per questo crediamo che sia il momento migliore per inserire nuovi giovani collaboratori con cui affrontare la crescita della nostra azienda nel prossimo futuro.»
La stessa cosa che gli aveva detto la signorina Gioia un paio di settimane prima – aveva pensato Matteo. Azzardò una domanda: «Ma allora non vi interessano le precedenti esperienze delle persone che entrano in contatto con la vostra azienda?»
Dando un’occhiata al suo monitor il dott. Ferretti rispose con calma: «Non le sottovalutiamo affatto … vedo dalla sua scheda che lei è laureato in Economia Aziendale e che ha appena compiuto 26 anni.»
Matteo aggiunse speranzoso: «Ho anche quasi due anni di esperienza all’ufficio vendite dell’azienda dove lavoro, non mi sento più un neolaureato alle prime armi.»
«Questo ci fa piacere, ma non è il motivo per cui è stato chiamato. Lei probabilmente sta facendo un lavoro che non la entusiasma» continuò «visto che dichiara di avere l’aspirazione di fare un altro tipo di lavoro, il Venditore.»
Matteo era alle corde, la conclusione del dott. Ferretti aveva fotografato esattamente la sua attuale situazione.
Ma il dott. Ferretti non sembrava voler sfruttare la sua posizione di vantaggio. «In effetti il motivo di questo colloquio è quello di fare una prima conoscenza reciproca. Vuole parlarmi un po’ di lei?»
«Cosa le devo dire?» aveva chiesto Matteo, in dubbio su cosa volesse sapere di preciso da lui il dott. Ferretti.
«Quello che vuole!» aveva risposto Il dott. Ferretti rimanendo sul vago.
«Vuole che le parli della mia attuale esperienza di lavoro?» aveva proposto Matteo che continuava a non capire cosa volesse sapere esattamente da lui il dott. Ferretti.
«Va bene» aveva assentito il dott. Ferretti, continuando a non voler imporre nessun argomento.
Matteo adesso si sentiva molto più a suo agio di quando era entrato. L’atmosfera di quell’Ufficio era molto diversa da quella delle Società di Ricerca del Personale che aveva frequentato negli ultimi tempi. Matteo raccontò brevemente la sua attuale esperienza di lavoro, e quasi inconsciamente parlò delle sue difficoltà e del suo disagio di fronte ad un futuro poco entusiasmante piuttosto che delle sulle sue competenze ed esperienze, che si era invece preparato ad enfatizzare. La premessa del dott. Ferretti aveva di fatto già spuntato l’arma del suo seppur piccolo potere contrattuale.
Matteo notò che il dott. Ferretti lo fissava intensamente, mentre gli stava parlando di sé, come se pesasse ogni sua parola. Ma non provava disagio, anzi, era consapevole che il dott. Ferretti non lo stava solo ascoltando, ma che era anche molto interessato a quello che diceva. E non fu mai interrotto fino alla fine.
«Quanto mi ha raccontato è molto interessante. Vorrei chiederle, allora, come ha affrontato le difficoltà di cui parlava prima».
«Ho cercato di fare il massimo che potevo, ho dovuto faticare non poco a ricostruire la memoria storica di un ufficio il cui titolare se ne era andato in pensione dopo più di trent’anni di lavoro. Poi mi sono dedicato a migliorare l’efficienza dell’ufficio, cercando di utilizzare meglio gli strumenti informatici a disposizione. Ho sempre cercato di non fossilizzarmi, di occuparmi anche di altri problemi collegati al mio lavoro, ma non mi sembra che questo mi sia stato riconosciuto più di tanto…»
«Penso di capire il suo disagio, dott. Raimondi. L’ingresso nel mondo del lavoro è sempre difficoltoso per un giovane. Ma adesso le vorrei raccontare qualcosa di noi. La signorina Gioia le ha già detto cosa facciamo. L’azienda esiste da molto tempo, ma solo negli ultimi dieci anni è cresciuta con progressione costante, fino a raggiungere gli attuali quattrocento dipendenti. Abbiamo dei piani di ulteriore sviluppo, e questo è il motivo per cui siamo interessati ad entrare in contatto con dei giovani ambiziosi.»
L’oggetto della discussione si spostò poi sul curriculum scolastico di Matteo e sui suoi metodi di studio. Parlarono molto di “come” aveva affrontato le situazioni critiche e del “perché” aveva fatto certe scelte.
Dopo quasi un’ora il dott. Ferretti si alzò in piedi come ad indicare che il colloquio poteva considerasi finito. «La ringrazio di essere venuto a trovarci. E’ stato un piacere incontrarla. Dopo le ferie ci metteremo in contatto con lei, ma non so essere più preciso in questo momento.» E l’aveva accompagnato alla porta, stringendogli la mano in segno di commiato.

Immerso nel solito traffico serale della tangenziale, Matteo continuava a ripensare al colloquio appena avuto e si chiedeva se non avesse sbagliato tutto. Gli sembrava di essersi andato a confessare piuttosto che a sostenere una selezione. Dall’altro lato, inconsciamente, non trovava niente da rimproverarsi. Forse aveva sprecato un’occasione, ma riteneva, almeno, di essersi comportato secondo coscienza. Il colloquio era andato in modo assolutamente imprevedibile, si era preparato con cura a “vendere caro il suo potere contrattuale”, ma la sua arma era stata spuntata immediatamente e lui era stato costretto, da subito, ad improvvisare. Però il colloquio era stato profondo e rilassante. Chissà quali metodi usa il dott. Ferretti per valutare una persona in un tempo così breve – si era chiesto Matteo.

Capitolo 1.8 de Il Maestro di Bottega. Leggi il prossimo capitolo.

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