“Il Maestro di Bottega” Parte 1.9 – L’Onestà Intellettuale


Capitolo 1.9 de Il Maestro di Bottega

– Nelle settimane successive, quasi per scrupolo, Matteo telefonò alle varie Società di Ricerca del Personale presso le quali aveva sostenuto le precedenti selezioni. Alcune, molto cortesemente, lo avevano informato che le aziende avevano già provveduto. Altre lo avevano pregato di pazientare perché stavano ancora attendendo istruzioni. Ma si sarebbero fatte vive loro senz’altro, in caso positivo.
Matteo si stava demoralizzando. Si sentiva invecchiare alla Brambilla S.p.A. e gli sembrava di assomigliare sempre di più al sig. Maresca. Per fortuna le ferie estive erano vicine. Aveva programmato da tempo un soggiorno di un paio di settimane a Londra, per perfezionare il suo inglese. Adesso che aveva conosciuto Erika ne avrebbe volentieri fatto a meno, sarebbe stato molto più bello passare le vacanze con lei. Ne parlarono insieme ma fu lei stessa che lo convinse a non rinunciare a quell’opportunità. «Io tanto devo studiare perché a settembre vorrei fare un paio di esami. Magari faccio un salto a Londra a trovarti. Poi, quando torni, faremo qualche gita insieme…» gli aveva promesso. E così era successo.

All’inizio di settembre, pochi giorni dopo la ripresa del lavoro ebbe una gradita sorpresa. Ricevette una e-mail dalla signorina Gioia della Dolceferretti S.p.A. che lo pregava di chiamarla. Matteo lo fece immediatamente e la signorina Gioia gli comunicò che la Dolceferretti aveva deciso di procedere all’assunzione di personale e chiedeva la sua disponibilità per un secondo colloquio con il dott. Ferretti.

La signorina Gioia, all’arrivo di Matteo gli propose: «Vuole seguirmi per un breve giro in Azienda? Al termine l’accompagnerò dal dott. Ferretti.»
Durante il giro, rapido ma completo, Matteo era rimasto particolarmente colpito dalla tranquillità e dal silenzio che regnavano in azienda. Non poteva non fare il confronto con il mercato che si svolgeva negli uffici e nei locali di produzione della Brambilla S.p.A. Durante il giro, Matteo aveva anche cercato di sapere qualcosa di più su quella ulteriore convocazione che aveva ricevuto. «Posso sapere perché mi avete richiamato» aveva chiesto «sì insomma, perché proprio io?»
«La richiesta è venuta direttamente dal dott. Ferretti» aveva replicato immediatamente la signorina Gioia. «L’azienda ha deciso di inserire alcuni nuovi Collaboratori ed il dott. Ferretti mi ha chiesto di convocarla per illustrarle personalmente la nostra proposta. Adesso venga che l’accompagno dal Direttore…»

«Buona sera, dott. Raimondi. Lieto di rivederla…» lo salutò il dott. Ferretti «…che impressione ha avuto dal giro che ha appena fatto?»
«Le cose che più mi hanno colpito» rispose Matteo con sincerità «sono state il silenzio e la tranquillità delle persone. Sono abituato, specialmente alla fine della giornata di lavoro, a vedere molta più confusione, tutti che si agitano per finire in fretta quello che rimane da fare…»
Il dott. Ferretti sorrise. «Mi fa piacere che abbia notato questa Armonia, come la definisco io. Ho chiesto alla signorina Gioia di farle fare un giro dell’azienda durante il normale orario di lavoro perché volevo che anche lei se ne rendesse conto di persona. Creare armonia ha richiesto del tempo, e adesso ne siamo tutti molto fieri.»
Matteo si stava mentalmente chiedendo se il dott. Ferretti l’avesse invitato a quel secondo colloquio solo per parlargli di armonia. E il dott. Ferretti, quasi leggendogli nel pensiero, continuò: «L’ingresso di un nuovo Collaboratore in azienda è critico, sia perché la persona può non soddisfare completamente le necessità dell’azienda, ma soprattutto perché potrebbe turbare l’armonia aziendale che lei ha notato poco fa.»
«Due criticità, quindi…» osservò Matteo ad alta voce, quasi per accertarsi di aver capito bene «…il nuovo Collaboratore deve essere idoneo e non deve turbare l’armonia aziendale.»
Il dott. Ferretti assentì col capo e riprese: «Le ho chiesto di incontrarla di nuovo perché l’azienda ha deciso di inserire un nuovo Collaboratore per potenziare il proprio settore Vendite, e lei, nel questionario che ha compilato per noi, ha risposto che le sarebbe piaciuto fare il venditore. Quindi c’è una prima convergenza di interessi tra lei e noi.»
Matteo si era allarmato. «Quando ho dato quella risposta, sul questionario, intendevo dire che mi piacerebbe occuparmi delle vendite. Dopo quasi due anni di lavoro dietro una scrivania, la mia ambizione adesso sarebbe quella di girare, contattare i Clienti, misurarmi con loro. Però non ho detto che so fare il venditore, non ho alcuna esperienza di vendita.»
«Non abbia scrupoli, entrambi sappiamo benissimo che lei non ha mai fatto il venditore, e noi, come le ho già detto più volte, non abbiamo bisogno di un venditore, adesso. Le possiamo proporre di fare un’esperienza nel settore vendite presso la nostra azienda, e noi l’aiuteremo a realizzare questa sua ambizione. E insieme valuteremo se ha le capacità per realizzarla.»
«Quindi la mia ambizione e la capacità formativa dell’azienda basteranno a farmi diventare un buon venditore?!»
Il dott. Ferretti lo corresse. «Non ho detto questo, il risultato non è scontato. Ma questo è bastato nella quasi totalità delle nostre assunzioni…»
Matteo, a quel punto, osservò molto onestamente: «Anche se è contro il mio interesse, visto quello che lei mi ha appena detto, le posso chiedere perché sta facendo la proposta a me e non a un altro candidato che magari abbia già maturato un’esperienza di vendita? Penso che in questo secondo caso l’azienda farebbe meno fatica a raggiungere lo stesso risultato.»
Il dott. Ferretti sorrise. «In questa azienda» dichiarò «si entra solo dal basso e si cresce all’interno. Qualunque inserimento fatto ad un livello più alto rischia di turbare l’armonia e penso che lei abbia capito che ne siamo talmente innamorati che non la vogliamo assolutamente perdere, a nessun costo! Siamo quindi disponibili ad assumerla con un contratto a tempo determinato per due anni, e con l’inquadramento economico minimo previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.»
«Ma questo è l’inquadramento che ho già adesso, nell’azienda dove lavoro!»
Il dott. Ferretti ribadì con fermezza: «Questa è la nostra regola. Nella Dolceferretti si entra solo dal gradino più basso.»
«Non le nego di essere un po’ deluso, pensavo anche ad un miglioramento economico. Ma non voglio insistere, perché lei mi ha spiegato il perché di questa regola…» e proseguì «…quando dovrei cominciare, eventualmente? Sa, non vorrei creare dei problemi all’azienda dove lavoro. Se ripenso a quello che ho dovuto affrontare all’inizio…»
A quelle parole il dott. Ferretti rispose con un piccolo sorriso di soddisfazione. «Apprezzo molto il suo scrupolo nei confronti della sua attuale azienda. Come ormai avrà ben capito non siamo in condizioni di necessità, non abbiamo bisogno di Lei subito. Preferisco che rifletta con calma sulla nostra proposta e, se decide positivamente, le chiedo solo di comunicarci il giorno in cui sarà disponibile per iniziare questa nuova esperienza con noi. Dopo pochi giorni riceverà la nostra lettera di assunzione.»
Il colloquio sembrava avviato alla conclusione, ma prima che terminasse Matteo rivolse un’ultima domanda al dott. Ferretti. «Se non sono indiscreto, posso chiederle il motivo per cui mi ha richiamato, perché mi ha scelto, insomma?…» Ma si pentì subito, forse la domanda era impertinente.
Il dott. Ferretti sorrise.
Non l’ha ritenuta impertinente – pensò Matteo sollevato.
«Lei è stato scelto perché ha Onestà Intellettuale!» esclamò, per tutta risposta il dott. Ferretti. E si interruppe bruscamente, per enfatizzare le parole che aveva appena pronunciato.
Matteo era rimasto interdetto e il dott. Ferretti, che se lo aspettava, chiarì subito. «Per noi l’onestà intellettuale di un Collaboratore è la sua predisposizione ad aderire e condividere, senza riserve mentali, principi etici di comportamento.»
Matteo osservò: «Francamente non avevo mai pensato all’onestà intellettuale come ad un requisito così importante per l’assunzione di un nuovo Collaboratore. Anzi, credevo che contassero molto di più la sua professionalità e la sua esperienza lavorativa…»
Il dott. Ferretti ribadì, con convinzione, il suo pensiero. «Noi invece crediamo che il requisito fondamentale per il funzionamento della nostra azienda sia proprio l’onestà intellettuale di tutti i suoi Collaboratori e riteniamo che questa conti molto più della loro professionalità individuale.»
«Posso chiederle come fa a valutare l’onestà intellettuale di una persona?»
Il dott. Ferretti rispose senza esitazioni. «E’ abbastanza facile riconoscerla in un Collaboratore durante la sua attività in azienda. E’ meno facile riconoscerla in una persona che si è conosciuta da poco, come nel suo caso … ci vuole un po’ di esperienza nel condurre “l’esame”.»
Matteo a quel punto era curioso di sapere quando era stato sottoposto a quell’esame. E il dott. Ferretti l’anticipò: «Al nostro primo colloquio lei era venuto preparato a “vendere cara la pelle”, ad evidenziare il suo presunto potere contrattuale. Ma quando si è reso conto che questo non mi interessava mi ha raccontato onestamente le sue difficoltà, le sue aspirazioni. Poi non ha insistito quando le ho ribadito che in quest’azienda si entra solo dal gradino più basso, e infine poco fa lei ha dimostrato di non voler mettere in difficoltà la sua attuale azienda, anche se il preavviso dovuto contrattualmente sarebbe di pochi giorni. Sarei rimasto molto perplesso se mi avesse proposto di venire subito…»
Matteo rimase stupito, ma intimamente soddisfatto. Stava considerando che un comportamento onesto paga, magari alla lunga, ma paga sempre.
«Ci faccia sapere qualcosa in settimana, dottor Raimondi…»
Con quelle parole il dott. Ferretti l’aveva strappato dalle sue considerazioni e aveva chiuso anche il loro secondo incontro.

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